Comincia una settimana intensa per Donald Trump, nella quale il neo insediato presidente degli Stati Uniti ha promesso di dedicarsi all'attuazione delle priorità assolute da lui indicate fin dalla campagna elettorale: la revisione dei trattati commerciali internazionali e l'abbassamento delle tasse a vantaggio della classe media e della produttività delle imprese americane.
Trump non ha perso tempo e, tornando ad annunciare che i clandestini «che possono fare del male o lo hanno fatto e hanno precedenti criminali sono nel mirino» e saranno espulsi per primi, ha firmato già ieri un ordine esecutivo per far uscire gli Stati Uniti dal Trattato Trans-Pacifico (in sigla Tpp), cui Washington partecipa insieme con altri 11 Paesi tra cui Giappone, Australia, Canada e Messico: nell'annunciare la sua firma, Trump ha definito il Tpp «un disastro potenziale per gli Stati Uniti», e il ritiro «una gran cosa per tutti i lavoratori americani». Nel mirino dell'attivissimo neo presidente c'è anche il Nafta, l'accordo di libero scambio che dal 1994 per iniziativa di Bill Clinton unisce gli Stati Uniti al Messico e al Canada, e che Trump intende ridiscutere di persona quanto prima con i suoi colleghi Enrique Peña Nieto e Justin Trudeau.
L'efficacia di queste radicali misure viene messa in dubbio da politici anche del partito di Trump, oltre che da alcuni analisti: il senatore repubblicano John McCain ha parlato di «un grave errore con conseguenze durature per l'economia statunitense» e fonti della passata amministrazione Obama affermano che il Nafta ha fatto crescere le esportazioni statunitensi del 258%, mentre un rapporto del Center for Automotive Research stima che il ritiro degli Usa dal Nafta avrebbe come conseguenza la perdita di 31mila posti di lavoro solo nel settore Usa dell'automobile. Forse queste cifre non sono estranee al calo del 2,8% dei titoli del comparto finanziario (che dopo l'elezione di Donald Trump erano saliti brillantemente) registrato la scorsa settimana. Anche se un passaggio negativo, più che un segnale di sfiducia nei confronti di Trump, potrebbe indicare una fase di attesa dell'effettiva attuazione delle promesse fatte.
Messa in pratica che Trump non sta certo ritardando. Il colpo assestato al Tpp ne è la dimostrazione, anche se in realtà si è trattato di un gesto più che altro simbolico da parte del presidente, considerato che il Senato non aveva ancora ratificato l'adesione a quel trattato.
L'altro tema cui Trump ha annunciato ieri di volersi dedicare anima e corpo è la riduzione fiscale. «Vogliamo riportare la produzione manifatturiera in questo Paese, assumendo lavoratori americani» anche attraverso un «enorme taglio alle tasse»: queste le parole usate dal presidente ieri in un incontro con una delegazione di imprenditori, il primo di una serie regolare che avverrà ogni tre mesi. Trump ha comunicato delle cifre: l'imposta - attualmente al 35% - scenderebbe al 20 o forse anche al 15%, ma avendo chiaro che «un'industria che vuole licenziare tutti i suoi dipendenti negli Usa e costruire altrove... - ha avvertito - non succederà più». Il presidente ha anche incontrato (a porte chiuse) i rappresentanti sindacali.
Nel suo primo impegnativo lunedì alla Casa Bianca Trump ha anche trovato il tempo per occuparsi di altre questioni, ognuna delle quali segna una rottura con il recente passato obamiano. Ha firmato un ordine esecutivo per congelare le assunzioni da parte del governo federale, fatta eccezione per le forze armate.
Ha vietato ai gruppi Usa che ricevono fondi federali di praticare aborti all'estero. Ha ribadito che «i clandestini criminali saranno espulsi». E ha anche eliminato dal sito della Casa Bianca la versione in lingua spagnola, suscitando proteste in mezzo mondo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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