Trump non teme le ricadute. "La sofferenza ripagata"

Il tycoon replica agli allarmi degli analisti: "Agli americani ho promesso che li avrei protetti dal flusso di migranti illegali e droghe"

Trump non teme le ricadute. "La sofferenza ripagata"
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Donald Trump passa dalle parole ai fatti e applica i primi famigerati dazi, rischiando di innescare una guerra commerciale che potrebbe danneggiare non solo i Paesi presi di mira, ma anche gli Stati Uniti. L'amministrazione Usa afferma che le barriere mirano a frenare il flusso di droga e immigrati clandestini, ma rischiano di causare consistenti aumenti di prezzo per i consumatori su una serie di beni di uso comune, dagli avocado alle scarpe da ginnastica, passando per le automobili. Tanto che anche il presidente, dopo la firma dell'ordine esecutivo per imporre tariffe doganali del 25% contro Canada e Messico e del 10% contro la Cina (l'energia canadese sarà tassata del 10%), assicura che la sofferenza degli americani sarà ripagata. Durante la campagna elettorale ho promesso che li avrei protetti dal flusso di migranti illegali e droghe. È il mio dovere e hanno votato a valanga per questo», scrive ancora sui social. Poi attacca il Wall Street Journal che lo ha criticato per la decisione, definendolo «un giornale globalista e sempre sbagliato che guida la lobby contro i dazi e giustifica Canada, Messico e Cina, che da decenni ci fregano sul commercio, il crimine e le droghe velenose». Quindi, ribadisce che il Canada «diventi il 51° Stato americano».

Quella del tycoon è una scommessa enorme, più di qualsiasi politica economica attuata durante i suoi primi quattro anni alla Casa Bianca, proprio poiché ha il potenziale per sconvolgere quello a cui molti elettori tengono di più, l'economia e il costo della vita. Circa un terzo delle importazioni statunitensi proviene dai tre Paesi colpiti da Trump, e secondo Mary Lovely, ricercatrice presso il Peterson Institute for International Economics, «questo potrebbe essere il suo più grande autogol». «I consumatori saranno chiaramente in una situazione peggiore. Quando si parla di dazi è una guerra economica, e in guerra tutti perdono», aggiunge Sung Won Sohn, docente di finanza ed economia alla Loyola Marymount University ed economista presso SS Economics. The Donald e i suoi sostenitori sottolineano spesso, correttamente, che i dazi durante il suo primo mandato non hanno causato problemi con l'inflazione. Ma si trattava di barriere diverse, applicate in un mondo molto diverso. Inoltre, il comandante in capo sta attuando una politica tariffaria più aggressiva rispetto a quella del 2018-'19: i dazi riguardano 1.400 miliardi di dollari di beni importati, più del triplo dei 380 miliardi colpiti durante il Trump I, secondo le stime di Tax Foundation.

Messico e Canada forniscono una quota significativa di diverse categorie alimentari di largo consumo: ad esempio, il Messico è il più grande fornitore di frutta e verdura (l'anno scorso, gli Usa hanno importato 46 miliardi di prodotti agricoli secondo i dati dell'Usda, di cui 9 solo di frutta fresca), mentre il Canada è leader nelle esportazioni di cereali, bestiame e pollame. Nel mirino anche gli alcolici, tra cui la tequila, che può essere prodotta solo in Messico, e il marchio di birra numero uno della nazione, Modelo. Sul fronte dei prodotti energetici, da Ottawa nel 2024 Washington ha importato 97 miliardi di dollari di petrolio e gas. E poi l'acciaio: sebbene gli Usa non siano più un'economia incentrata sulla produzione manifatturiera come una volta, ne consumano ancora decine di milioni di tonnellate all'anno, con Canada e il Messico che sono rispettivamente il maggiore e il terzo maggiore esportatore. Un ingrediente fondamentale nel settore edile statunitense è il legname di conifere, con cui di solito vengono costruiti la struttura, il tetto e il rivestimento delle case, e il 30% di quello utilizzato annualmente proviene dal Canada. L'elettronica di consumo è invece tra i beni più importati dalla Cina, e ciò include cellulari, tv, computer, console per videogiochi, monitor e tutti i componenti che li alimentano (Pechino è anche un importante fornitore di elettrodomestici).

Infine, il 99% delle scarpe vendute negli Usa sono importate, secondo Footwear Distributors & Retailers of America, gruppo commerciale che rappresenta Nike, Steve Madden, Cole Haan e altri marchi di calzature: più della metà (il 56%) di quelle vendute in America sono prodotte in Cina.

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