
Quando l'ottimismo sbandierato ai quattro venti si scontra con relazioni pericolose, dichiarazioni ambigue e va a cozzare con minacce più o meno velate, allora probabilmente c'è poco da stare tranquilli. Mentre a Riad Stati Uniti e Ucraina iniziano a discutere delle ipotesi per arrivare alla pace, giusta o meno è tutto da valutare, chi tiene il pallino in mano, gli Stati Uniti, e chi continua a bombardare e a proseguire quasi indisturbato nella sua guerra di invasione, la Russia, fanno capire esplicitamente che no, non sarà una dialogo semplice. Donald Trump, come di consueto, manifesta totale sicurezza. «Non credo che ci sia nessuno al mondo che fermerà il presidente russo Vladimir Putin a parte me. E credo che sarò in grado di fermarlo. Abbiamo avuto discussioni molto ragionevoli e io voglio solo che la gente smetta di venire uccisa», ha detto il presidente degli Stati Uniti. Sicuro e convinto anche il consigliere per la sicurezza nazionale Mike Waltz che spiega come «ci stiamo avvicinando e siamo più vicini alla pace di quanto non lo siamo mai stati» e parla di «cessate il fuoco sulle infrastrutture aeree che è stato messo in atto subito dopo la telefonata del presidente Trump con il presidente Putin questa settimana», anche se gli attacchi russi non sono mai cessati. Waltz continua: «Ora parleremo della linea di controllo, che è la vera linea del fronte. Quindi parleremo dei meccanismi di verifica, del mantenimento della pace e del congelamento delle linee. Naturalmente, la pace più ampia e permanente».
Il dubbio su quale pace si voglia ottenere e quanto possa essere più o (soprattutto) meno giusto lo instilla nemmeno troppo velatamente l'inviato di Trump Steve Witkoff. Da una parte dice che già da domani si vedranno dei progressi notevoli sul dialogo tra le parti, poi però si lascia andare a sviolinate a Putin che suonano come un colpo fortissimo all'imparzialità che un negoziatore dovrebbe avere. «Putin non vuole conquistare tutta l'Europa, non è una cattiva persona, è molto intelligente», ha detto per poi andare anche oltre. «È un grande leader, mi è piaciuto. Ho pensato che fosse sincero con me. Questa è una situazione molto diversa da quella della Seconda Guerra Mondiale. Nella Seconda Guerra Mondiale non c'era la Nato. Ci sono Paesi che sono armati», ha detto, dopo aver tessuto le lodi dello Zar sfiorando la commozione quando ha raccontato di aver ricevuto un ritratto di Trump, commissionato dallo stesso Putin, ma soprattutto aver chiarito che i territori occupati con la forza sono russofoni e vogliono stare sotto la Russia. Witkoff poi, non ha mancato di attaccare direttamente l'Europa. «Il piano europeo per l'Ucraina è una posa, un atteggiamento», facendo intendere chi è che comanda.
Dichiarazioni che fanno specie, visto che ricalcano in pieno quelle del portavoce del Cremlino Dmitri Peskov, dopo aver ammesso che il dialogo sarà lungo e complicato. «Da una parte, l'Europa dovrebbe essere sinceramente interessata alla pace. Invece adesso parla di guerra e persegue la militarizzazione. Un paradosso, invece di cercare di eliminare le cause profonde del conflitto, l'Europa le sta solo moltiplicando. E se non si affrontano quelle cause, è impossibile fermare la guerra. L'Europa sta discutendo il potenziale dispiegamento di contingenti della Nato in Ucraina», ha detto il portavoce di Putin per poi lanciare l'ennesima minaccia: «Un giorno, in Europa appariranno politici che capiranno l'importanza del buon vicinato con la Russia», confermando di fatto la strategia della guerra ibrida contro il Vecchio Continente messa in campo da tempo dal Cremlino, tra sabotaggi, attentati, hackeraggi e campagne di disinformazione.
Non esattamente segnali di distensione verso un processo di pace che potrebbe portare sì alla fine della guerra ma facendo pagare il prezzo più alto al Paese invaso anziché a quello aggressore. E questo sì sarebbe un vero paradosso.
Nel febbraio 1999 si svolge la "Conferenza internazionale di pace di Rambouillet", ultimo tentativo di ricomporre la crisi; il documento, che prevede l'autonomia ma non l'indipendenza del Kosovo, verrà firmato dal rappresentante dell'UÇK Adem Demaçi solo dopo notevoli pressioni USA. Qualche settimana dopo, alla ripresa di Parigi - momento attuativo degli accordi siglati a Rambouillet, la delegazione serba rigetta l'accordo. Dopo, parte il bombardamento.
Mi dica, se l'Austria attaccasse l'Italia per liberare gli altoatesini (o, come si definiscono loro, i sudtirolesi), bombardando Venezia, marciando con i carri armati su Milano, rivendicando il possesso del Triveneto, lei li lascerebbe fare?