New York La resa dei conti di Donald Trump è iniziata. Forte della piena assoluzione nel processo di impeachment, il presidente americano ha dato il via alla rappresaglia contro chi negli ultimi mesi non ha mostrato lealtà assoluta nei suoi confronti o addirittura gli ha remato contro. I primi ad essere messi alla porta, a neanche quarantott'ore dal voto in Senato, sono due dei testimoni chiave nelle indagini della Camera a guida democratica, il tenente colonnello Alexander Vindman, che sedeva nel Consiglio di sicurezza nazionale, e l'ambasciatore Usa presso l'Ue, Gordon Sondland. Silurato anche il fratello gemello di Vindman, Yevgeny, che era consulente legale del Consiglio di sicurezza nazionale. D'altronde la portavoce della Casa Bianca, Stephanie Grisham, era stata molto chiara sulle intenzioni del tycoon: «Chi ha innescato l'impeachment e danneggiato il presidente deve pagare». Le voci sul licenziamento di Vindman erano nell'aria da tempo, e il suo ruolo già da giorni era stato ridimensionato. Esperto di Ucraina e responsabile per gli affari europei nel consiglio di sicurezza nazionale, è stato uno dei testimoni chiave nell'inchiesta che ha portato alla messa in stato di accusa di Trump. Ancor prima della talpa fu lui a mettere in guardia i vertici del Consiglio sui contenuti della telefonata del 25 luglio scorso tra il Commander in Chief e il collega ucraino Volodymyr Zelensky, in cui - ha raccontato - The Donald fece pressioni «improprie» su Kiev perché indagasse su Joe Biden e il figlio Hunter. «É stato licenziato per aver detto la verità - ha affermato il suo legale, David Pressman -. L'uomo più potente del mondo ha deciso di vendicarsi». «Era molto insubordinato, ha riferito i contenuti della mia telefonata perfetta in modo non corretto e ha ricevuto un rapporto orribile dal suo superiore, il quale ha dichiarato pubblicamente che Vindman aveva problemi di giudizio, di rispetto della catena di comando e faceva trapelare informazioni», ha commentato invece Trump su Twitter: «In altre parole, fuori».
Poche ore dopo la cacciata del tenente colonnello è toccato a Sondland, anche lui uno dei testimoni chiave nell'indagine della Camera, colui che ha ammesso nella sua audizione che «c'è stato il qui pro quo», lo scambio di favori tra Trump e Zelensky (gli aiuti militari degli Usa a Kiev per ottenere l'apertura di un indagine sui Biden). «Sono stato avvisato che il presidente intende richiamarmi immediatamente», ha annunciato lui stesso. «Sono grato a Trump per avermi dato la possibilità di servire il Paese, al segretario Pompeo per il suo costante sostegno e ai professionisti eccezionali della missione Usa presso l'Unione europea - ha detto - Sono orgoglioso dei nostri successi, il nostro lavoro qui è stato il momento clou della mia carriera».
La rappresaglia di Trump potrebbe continuare: a rischio ci sarebbero anche altri, a partire - secondo fonti informate - dal capo di gabinetto Mick Mulvaney. Il tycoon, però, ha smentito che Mulvaney possa essere cacciato per la sua controversa gestione nei mesi dell'impeachment, e sostituito con il deputato repubblicano Mark Meadows, suo fedelissimo.
«Ho un grande rapporto con Mick e con Mark, è una notizia falsa», ha spiegato, anche se non è un mistero alla Casa Bianca che sia rimasto deluso per alcune mosse del capo di gabinetto, come l'ammissione in sala stampa del blocco degli aiuti militari a Kiev, uno dei punti dell'accusa contro Trump.
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