Se non parlassimo del conflitto libanese e del suo carico di morte e devastazione (3.500 morti e un milione di senza tetto in Libano, 60mila sfollati e un centinaio di morti in Israele) ci sarebbe da sorridere. Il cessate il fuoco tra Israele e Hezbollah effettivo dalle 10 di stamane rappresenta, infatti, la pedissequa riproposizione della tanto criticata risoluzione 1.701 votata nel 2006 dal Consiglio di Sicurezza dell'Onu. Una risoluzione che non ha impedito al Partito di Dio di immagazzinare centinaia di migliaia di missili e schierarli a ridosso del confine israeliano. Ma l'elemento più paradossale dell'accordo mediato da Usa e Francia è l'istituzione a cui spetta controllare il ritiro di Hezbollah oltre il fiume Litani, 30 chilometri a Nord del confine. Oggi, come nei trascorsi 16 anni, tutto dipenderà dall'esercito libanese. Ovvero da un'armata priva delle motivazioni, dell'addestramento e degli strumenti indispensabili per arginare una milizia sciita che in Libano rappresenta l'unico esercito degno di questo nome.
Per capirlo bastano gli effettivi sul terreno. L'esercito dispone di 80mila soldati, ma riesce a dislocarne appena 5mila in quel Sud dove, in base alla risoluzione 1.701 e agli ultimi accordi fotocopia, dovrebbe disarmare le milizie sciite sorprese a non rispettare gli accordi. Una missione impossibile per dei militari pagati 200 euro al mese e costretti a far i conti con la cronica carenza di armi e munizioni innescata dalla devastante crisi economica del 2019. Il tutto mentre l'oliata macchina da guerra del miliziani Partito di Dio continua nonostante i duri colpi subiti a colpire Israele con i suoi droni e i suoi missili. E il risultato non lo garantirà di certo un Unifil che - in assenza di ordini da un Palazzo di Vetro paralizzato dai veti incrociati di Usa, Cina e Russia - continuerà a certificare l'impossibilità di far rispettare le intese. La differenza, secondo gli artefici dell'accordo, dovrebbero farla Iran ed Israele.
Il grande padrino di Hezbollah è il vero demiurgo di una ritirata imposta ai miliziani sciiti per preservarne il peso politico e militare. Ma nel 2006 non andò diversamente. E il risultato si è visto. Neanche la mano libera concessa ad uno strato ebraico che si riserva il diritto di colpire le unità di Hezbollah rimaste nel Sud del Libano è una grande garanzia. Difficile dimenticare infatti che Hezbollah mise radici in un Sud a maggioranza sciita proprio grazie ad un'occupazione israeliana durata dal 1978 al 2000.
E a rendere il tutto più aleatorio s'aggiunge la cornice di un'intesa che vede protagonisti Bibì Netanyahu, Joe Biden ed Emmanuel Macron, ovvero tre «anatre zoppe» della politica internazionale. E l'anatra più zoppa del terzetto è sicuramente un Bibi chiamato a fare i conti non solo con i mandati di cattura della Corte Internazionale, ma anche con quelli assai più insidiosi dei giudici di Gerusalemme pronti ad ascoltarlo entro la prossima settimana come testimone nell'ambito del processo per corruzione a suo carico. E ancor più devastanti si profilano le conclusioni della Commissione d'inchiesta che indaga sulle sue responsabilità in relazione all'attacco di Hamas del 7 ottobre 2023.
Un attacco reso possibile, stando ai primi risultati dell'inchiesta pubblicati dai media israeliani, dalla miopia di un premier convinto che i miliardi in contanti fatti arrivare a Gaza dal Qatar garantissero la placida acquiescenza del gruppo fondamentalista. Un'illusione costata la morte di 1.300 israeliani e il rapimento di 250 ostaggi.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.