I carabinieri videro la Peugeot sfrecciar loro davanti a tutta velocità, alle quattro del mattino. Intimarono l'alt, ma l'autista accelerò ancora e svanì nella notte, nelle campagne tra Alessandria e Acqui Terme. La Peugeot venne ritrovata cinque minuti dopo, completamente distrutta, nel cortile di una casa dove era piombata dopo avere sfondato un passaggio a livello. Lo scenario era raccapricciante. Corpi senza vita, rottami in fiamme, sopravvissuti che si lamentavano: «gli operanti rinvenivano un braccio e frammenti di organi interni», si legge nei rapporti. Tre i morti sul colpo, un ragazzo che morirà nelle ore successive in ospedale, un ferito grave. L'unico incolume era il ragazzo che guidava, il protagonista della folle fuga dall'alt dei carabinieri: Marouan Naimi, ventidue anni.
Per quella strage Marouan non farà neanche un giorno di carcere. Il tribunale di Alessandria nei giorni scorsi ha ratificato l'accordo tra i suoi avvocati e la Procura: quattro anni di carcere, da scontare interamente agli arresti domiciliari. «È una sentenza incredibile - dice Angelo Colucci, legale dei familiari di Vincenzo Parisi, il ventenne morto in ospedale - si manda il messaggio che si può guidare in questo modo, si possono ammazzare quattro giovani vite, e non andare in carcere. Mi chiedo quale sia l'efficacia dissuasiva di un simile attestato di impunità».
La sentenza di Alessandria arriva nel pieno del dibattito sul nuovo codice della strada: con le nuove regole, Naimi - che aveva la patente da un anno e mezzo - non avrebbe potuto guidare quell'auto. Ma il giovane aveva violato una sfilza di regole già in vigore: si era messo alla guida dopo avere bevuto, aveva pigiato gli amici sull'auto, cinque sul sedile da tre; aveva guidato come un folle e non si era fermato all'alt dei carabinieri. Gli autovelox lo fotografarono a centoquaranta, il tachimetro dopo lo schianto restò bloccato sui centodieci.
La pena minima per omicidio stradale è di cinque anni, Naimi se ne vede rifilare quattro anche se ha fatto quattro vittime («un anno per ogni morto», commenta amaro l'avvocato Colucci): merito delle attenuanti generiche, del patteggiamento, dell'incensuratezza. A ratificare l'accordo tra accusa e difesa il giudice arriva dando atto che l'imputato ha risarcito i familiari delle vittime, in realtà indennizzati dalle assicurazioni. Ma a colpire è soprattutto la decisione di non mandare in carcere il condannato neanche per un giorno.
D'altronde già lo scorso anno, nonostante l'opposizione dei familiari di Denise Maspi, una delle vittime, il giudice aveva sostituito gli arresti domiciliari con il divieto di espatrio. In quell'occasione il giovane aveva detto di essere stato minacciato. Non certo dalla giustizia, si potrebbe ora obiettare.
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