Ultimo atto della faida Raggi-Taverna: sfratto alla mamma della senatrice M5s

La parlamentare: è accanimento. La sindaca: «Nessun privilegio»

Domenico Di Sanzo

Roma Una fonte che ha memoria storica della «faida» tra Virginia Raggi, sindaco di Roma, e Paola Taverna, vicepresidente del Senato, ipotizza che dietro il caso dell'alloggio popolare in cui vivrebbe, senza averne più il diritto, la madre della senatrice, ci sarebbe una «manina» che ha consegnato il dossier a Repubblica. Un'operazione che no, «non è arrivata dalla Raggi», ma che comunque potrebbe rientrare in quel groviglio di lotte intestine che tormenta il M5s romano almeno dal febbraio 2016. Quando Virginia «a' moretta» vinse le comunarie grilline per il Campidoglio.

La questione ruota intorno alla casa dove vive la signora Graziella Bartolucci, madre ottantenne della Taverna. L'appartamento le era stato assegnato nel 1994, ma ora secondo gli uffici del Comune avrebbe «perso i requisiti» per il mantenimento del diritto che consiste in un canone di affitto pari a 150 euro al mese. Per l'Ater, che ha avviato il procedimento nel 2014, il reddito della signora sarebbe aumentato. Inoltre, dal Campidoglio fanno presente che la famiglia della senatrice dispone di un discreto patrimonio immobiliare: tra cui una casa a Torre Angela, periferia est di Roma e una a Olbia, in Sardegna.

La Raggi ieri ha minimizzato: «Questo caso l'ho appreso dalla stampa. La senatrice Taverna mai si è permessa di chiamare questa amministrazione o me. Si faranno le indagini e si seguirà la legge, esattamente come per le altre persone». La Taverna, che ha già fatto ricorso, l'ha buttata sul sentimentale: «Credo che mia madre a 80 anni abbia tutto il diritto di desiderare di morire nella stessa casa in cui è vissuta. Qual è la notizia che voleva dare oggi Repubblica? Forse che la mia famiglia è povera? Non provo vergogna a venire da una famiglia povera». La senatrice parla di «accanimento», il Pd chiede chiarezza e Fdi presenta un'interrogazione in Consiglio Comunale.

Ma questa è solo l'ultima puntata della spy story del M5s romano. Infatti Raggi e Taverna non si sono mai amate. Il 21 luglio del 2016, raccontano, alla buvette di Palazzo Madama la Taverna si lascia sfuggire una frase: «Usciranno fuori cose sulla Raggi, che prima cade e meglio è». Una delle «cose», già nell'aria, era l'indagine sull'allora assessore all'Ambiente Paola Muraro. Il caso è deflagrato a settembre dello stesso anno, portando via con sé l'esperienza del mini-direttorio romano. Una squadra di «controllori» della Raggi formata da Taverna, Roberta Lombardi, l'europarlamentare Fabio Massimo Castaldo e il consigliere regionale, adesso senatore, Gianluca Perilli. Al centro della querelle c'era una lettera, pubblicata dal Messaggero il 7 settembre 2016, in cui la Taverna, il 5 agosto, avvisava Di Maio dell'indagine a carico della Muraro. La stessa mail sarebbe stata poi inviata allo staff milanese della Casaleggio, infine «girata» al quotidiano da un'altra «manina» anonima. Risultato: Di Maio fa la figura del bugiardo e Taverna quella della «traditrice». Tre mesi dopo la «pasionaria» rintuzzava: «La Muraro? Una scelta della Raggi».

Singolare, negli ultimi giorni del 2016, l'uscita di Annalisa Taverna, attivista e sorella della vicepresidente del Senato.

Nel post su Facebook Annalisa, rivolta alla Raggi, scriveva: «Datte 'na calmata e non rompere i coglioni altrimenti t'appendemo pe le orecchie ai fili dei panni sul balcone fino a che non rinsavisci». E c'è chi giura che Paola la pensa allo stesso modo.

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