Finalmente anche in Italia, come in quasi tutto l'Occidente, verranno riconosciuti i diritti delle unioni civili e delle coppie di fatto. Se molti sono convinti che sia una legge fatta apposta per gli omosessuali, è in realtà una legge che riguarda tutti, comprese le coppie eterosessuali che hanno il sacrosanto diritto di non volersi sposare, ma che non per questo devono essere discriminate. Un liberale non può che esserne contento e soddisfatto.
Un vero liberale, poi, non può che riconoscere il diritto di chi per motivi religiosi, conservatorismo, ideali la pensa diversamente. E proprio per questo ogni partito dovrebbe riconoscere ai parlamentari il diritto di votare secondo le proprie convinzioni, sacrificando la disciplina interna e le strategie politiche alla libertà di coscienza.
È dunque assurdo sbagliato, illiberale, una forma di violenza che il governo decida di porre la fiducia su una questione simile, che non può essere accettata in blocco, come si prende o non si prende una medicina. Basterà ricordare che quasi mezzo secolo fa nella votazione sul divorzio, madre di tutte le battaglie sui diritti civili liberali e socialisti votarono in modo contrario alla Democrazia cristiana, con la quale erano al governo. E lo stesso accadde nel 1974, sempre per il referendum sul divorzio. Potremmo concludere che non c'è fiducia senza libertà. Ma bisogna aggiungere che la legge sembra tutt'altro che perfetta, e che meriterebbe un esame più attento.
Il primo errore fu inserire nel progetto di legge la cosiddetta «stepchild adoption», poi stralciata a forza, che ingenera confusione tra il discutibile problema degli uteri in affitto e il diritto-dovere, per una coppia omosessuale, di assistere i figli del compagno scomparso. Nella legge c'è poi, e soprattutto, un deprecabile approccio statalista sui «conviventi di fatto», per cui non si considera neppure l'ipotesi di chi vuole convivere senza un intervento dello Stato, ovvero senza mettersi sotto l'ombrello pubblico.
È qui la differenza tra i liberali, che vogliono un intervento in meno dello Stato, e gli statalisti che - ha scritto Daniele Capezzone dei Conservatori e Riformisti - «vogliono regolamentare tutto, pure ciò che accade nelle camere da letto». Il motto dovrebbe essere, invece, «più individuo, meno Stato», anche proprio per lasciare maggiore libertà a chi, legittimamente, la pensa di un modo diverso.
Come prevedeva il profetico Pier Paolo Pasolini, andiamo verso i diritti civili imposti come nuovo conformismo, una nuova forma di violenza.
Occorre sempre rispettare le ragioni degli altri, tanto più di chi la pensa diversamente: persino di chi, come Angelino Alfano, disquisisce e intende legiferare sulla «non fedeltà» delle coppie omosessuali. La «non fedeltà» esiste di più nelle compagini di governo, tanto da dover ricorrere alla «fiducia», che della fedeltà è un modesto sottogenere.Twitter: @GBGuerri
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