Usa e Arabia Saudita sono sempre più vicine a siglare uno storico accordo sulla sicurezza, mentre Israele è pronta a frenare su Rafah, optando per un'operazione limitata. Dopo la missione del consigliere per la sicurezza nazionale americano Jake Sullivan in Medio Oriente sono stati compiuti progressi significativi nei colloqui con i sauditi, e l'intesa è «a un passo», secondo il portavoce del consiglio John Kirby. Washington e Riad sono «più vicine di quanto non lo siano mai state» a un accordo bilaterale, che ora è «quasi definitivo», ha precisato. I negoziatori dei due Paesi stanno cercando di finalizzare i lavori con un accordo che dovrebbe assicurare formalmente la difesa del regno da parte degli Stati Uniti e l'accesso saudita ad armamenti Usa più avanzati, in cambio dell'interruzione degli acquisti di armi cinesi e della limitazione degli investimenti di Pechino nel Paese.
Secondo un funzionario americano, parte dell'intesa prevede anche la fornitura di aerei da combattimento F-35, da tempo richiesti da Riad. Questo è tuttavia soltanto il primo aspetto, poiché l'impegno dovrà comprendere anche la normalizzazione delle relazioni tra Arabia Saudita e Israele, e ciò dipende da una terza componente, complicata e ambiziosa, che creerebbe un percorso «irreversibile» verso uno Stato palestinese. Qualsiasi accordo, inoltre, dovrà essere concepito in modo da non ostacolare quello preesistente tra Usa e Israele, secondo il quale le armi statunitensi vendute nella regione non devono compromettere il «vantaggio militare qualitativo» di Tel Aviv, garantendo che quelle fornite all'alleato siano «superiori per capacità» rispetto a quelle inviate ai vicini. «Siamo molto vicini a un'intesa sugli elementi principali», ha riferito un'altra fonte, precisando che poi «naturalmente dovremo lavorare sugli elementi che riguardano israeliani e palestinesi, componente fondamentale di ogni potenziale accordo di normalizzazione».
Una volta completata, l'intesa farà parte di un ampio pacchetto che verrà presentato al premier israeliano Benjamin Netanyahu, il quale dovrà decidere se fare concessioni in cambio di una normalizzazione dei rapporti con l'Arabia Saudita. Kirby ha spiegato che l'obiettivo finale del presidente Joe Biden è la creazione di un Stato palestinese, ma con la guerra tra Israele e Hamas, è improbabile si raggiunga presto. Per il presidente israeliano Isaac Herzog, la «normalizzazione dei rapporti con Riad» può portare «a un cambio epocale, a una storica svolta per una vittoria sull'impero del male», come è definito l'asse tra l'Iran e i suoi alleati.
Secondo un analista del Washington Post, dopo aver discusso con gli Stati Uniti sulla questione, Tel Aviv ha deciso di accantonare i piani per una grande offensiva a Rafah, optando per un'operazione minore. Sulla base di conversazioni con funzionari informati, David Ignatius scrive che il progetto precedente di inviare due divisioni nella città del sud di Gaza non andrà avanti e Washington ritiene che i nuovi piani comporteranno meno vittime civili, quindi si prevede che non si opporrà. La portavoce della Casa Bianca Karine Jean-Pierre si è limitata a far sapere che Sullivan in Medio Oriente ha avuto discussioni «costruttive e dettagliate» su Rafah. Mentre secondo il Jerusalem Post, il governo di Tel Aviv sarebbe pronto a discutere possibili azioni contro l'Autorità nazionale palestinese dopo il voto dell'Assemblea Generale Onu a favore alla richiesta di adesione della Palestina.
La mossa segue il dibattito della scorsa settimana durante il quale ministri israeliani come Bezalel Smotrich e Orit Strock hanno proposto una serie di possibili misure, come negare i permessi di ingresso ai membri senior dell'Anp e il congelamento dei fondi di liquidazione.
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