New York. L'onda lunga delle proteste per la morte dell'afroamericano George Floyd a Minneapolis non si ferma, e nel mirino finiscono i simboli confederati. Negli ultimi giorni diverse statue dei grandi personaggi «sudisti» e di Cristoforo Colombo sono state rimosse o abbattute negli Stati Uniti, mentre cresce la pressione sulle autorità per rimuovere i monumenti che il movimento per i diritti civili reputa collegati alla schiavitù e al colonialismo. A Boston la statua dell'esploratore genovese, che già in passato era stata oggetto di atti di vandalismo, è stata decapitata e verrà rimossa dalla sua attuale collocazione nel North End, il quartiere italoamericano. A Richmond un altro monumento a Colombo è stato abbattuto e gettato in un lago nel corso di una manifestazione di protesta, e il piedistallo è stato coperto da un cartello con scritto «Colombo rappresenta il genocidio». Sempre nella città della Virginia dei manifestanti hanno rimosso nella notte la statua di Jefferson Davis, democratico del Mississippi che è stato il primo e unico Presidente degli Stati Confederati d'America dal 1861 al 1865. A Miami, invece, sette persone sono state arrestate per aver vandalizzato una statua del genovese e un'altra dell'esploratore spagnolo Juan Ponce de León. Nel corso di alcuni tafferugli tra la polizia e i manifestanti, i due monumenti sono stati imbrattati con le scritte «BLM» (Black Lives Matter), «George Floyd», e l'effige della falce e martello.
A schierarsi con Colombo è al contrario il governatore di New York Andrew Cuomo, il quale ha detto no alla rimozione delle sue statue, a partire da quella iconica a Columbus Circle, nel cuore di Manhattan. «Capisco quello che si può provare verso Colombo e verso alcuni dei suoi atti - ha spiegato -. Ma la statua è diventata un simbolo che rappresenta l'eredità italoamericana in questo paese, rappresenta il ringraziamento al contributo dato dagli italoamericani a New York, per questo io la sostengo». Intanto la Nascar, potente associazione che organizza corse automobilistiche negli Usa - tra cui la 500 Miglia di Daytona - ha annunciato che vieterà l'esposizione di bandiere confederate a tutti i suoi eventi e nelle sue proprietà. «È contrario al nostro impegno di accogliere tutti e di creare un ambiente inclusivo per i nostri fan», hanno detto i vertici.
La speaker della Camera Nancy Pelosi, da parte sua, ha chiesto la rimozione di tutte le statue dei confederati che si trovano a Capitol Hill, sede del Congresso americano. «Se da una parte ritengo un imperativo non dimenticare la nostra storia affinché non si ripeta, credo anche che non ci sia spazio per celebrare la violenza bigotta di alcuni uomini nei venerati saloni del Congresso», ha sottolineato in una lettera inviata alla commissione congiunta di Camera e Senato che si occupa della biblioteca e della collezione di monumenti di Capitol Hill. La commissione Forze Armate del Senato a guida repubblicana, nel frattempo, ha adottato con una votazione a porte chiuse un emendamento che autorizza il Pentagono a cambiare entro tre anni i nomi delle basi militari intitolate ai generali confederati. La proposta, avanzata dal segretario alla Difesa Mark Esper e dal ministro dell'esercito Ryan McCarthy, è stata presentata dalla senatrice Elizabeth Warren.
La Casa Bianca ha già detto che Trump è pronto a mettere il veto, e d'altronde la posizione del presidente è chiara: «La nostra storia di nazione più grande al mondo non sarà manomessa», ha twittato, garantendo che la sua amministrazione «non prenderà mai in considerazione di rinominare» basi come Fort Bragg in North Carolina, Fort Hood in Texas, e Fort Benning in Georgia. «Queste potenti e monumentali basi sono diventate parte dell'eredità della nostra grande storia - ha precisato - una storia di vittorie e di libertà».
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