Penultimatum, mezzi avvertimenti, sfuriate di facciata e melina: sono queste le principali mosse che appartengono alle strategie politiche di Giuseppe Conte, che di certo non brilla in imprevedibilità. L'avvocato alterna momenti di tensione a giuramenti di stabilità, senza però prendere una decisione definitiva. Sembra recitare lo stesso copione che, puntualmente, regala il medesimo finale.
Dentro o fuori? Sostenere o sfiduciare Mario Draghi? Restare in maggioranza o passare all'opposizione? Interrogativi ancora in sospeso che potrebbero sfociare nell'ennesima non scelta da parte del Movimento 5 Stelle, al cui timone vi è un leader che ha poco controllo sui gruppi (vedi l'enorme fuga verso Insieme per il futuro di Luigi Di Maio) e non riesce ad attirare elettori (ricorda i pessimi risultati alle elezioni amministrative).
Cosa succede al Senato
Pochi giorni fa è andata in scena una nuova sceneggiata del M5S: i grillini alla Camera hanno votato la fiducia al governo sul dl Aiuti, senza però dare certezza su ciò che potrebbe accadere nella giornata di giovedì. Lo scoglio è al Senato: i pentastellati non hanno ancora preso una posizione ben precisa e, in attesa di una risposta del premier Draghi dopo il faccia a faccia con Conte, non escludono di uscire dall'Aula.
In merito si è espresso Stefano Patuanelli, uno dei big rimasti nel Movimento. "Vediamo. Non lo escludo, non lo escludo", ha risposto il ministro delle Politiche agricole a La Repubblica. A cosa servirebbe abbandonare l'Aula? A non esprimersi: non votare sì ma nemmeno schierarsi per il no. Tutto ciò lascerebbe pensare che la crisi di governo possa essere solo rimandata, senza garanzie sulle tempistiche dello strappo.
L'esecutivo avrebbe comunque i numeri anche senza i 5 Stelle, ma bisognerà vedere come Palazzo Chigi si comporterebbe di fronte a un'azione del genere da parte del M5S. Nonostante i numeri certi, si potrebbe aprire un caso politico con risvolti imprevedibili: l'abbandono dell'Aula potrebbe essere, nei fatti, una sfiducia al governo che potrebbe portare appunto all'apertura di una crisi.
Conte alza la tensione
Nel frattempo Giuseppe Conte non sotterra l'ascia di guerra. Anzi, con il passare dei giorni alza la tensione: come riferito dal Corriere della Sera, la sensazione è che ormai la questione non sembra tanto il "se" ma il "quando". Sfilarsi in estate potrebbe ricalcare il Papeete per cui Matteo Salvini è stato tanto attaccato. Allora Conte sarebbe disposto a farsi attribuire l'etichetta di aver destabilizzato l'Italia in una fase così delicata?
I pontieri sono al lavoro per evitare che l'esperienza di unità nazionale salti per aria. Tuttavia, scrive Domenico Di Sanzo su ilGiornale in edicola oggi, il sospetto è che l'avvocato abbia già pronto lo "strappino": l'Aventino in Senato non è un'ipotesi remota e non viene vista dai 5S come elemento di instabilità, ma in realtà non passerebbe inosservata.
Secondo La Repubblica, Conte attende una telefonata da Draghi tra domani e martedì. Un colloquio telefonico tra i due potrebbe essere l'occasione per tracciare l'orizzonte della crisi (al momento solo minacciata), per vedere quale piega prenderà. Nel Partito democratico c'è chi porta avanti il lavoro di mediazione per provare a ricucire: da Peppe Provenzano a Francesco Boccia, passando per Dario Franceschini.
"Voi partite per la vostra vacanza, poi vi aggiorneremo", ha risposto Conte a chi gli chiedeva se si possono prenotare le vacanze tranquillamente o se ci sarà una crisi di
governo a breve. L'avvocato è stretto tra due fuochi: uscire dal governo per soddisfare l'elettorato o restare nell'esecutivo per non mandare in soffitta l'alleanza giallorossa. In tutto ciò continua la sua solita melina.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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