La curva dei contagi si piega, calano ospedalizzazioni e ricoveri in terapia intensiva, Omicron morde meno. Non per tutti. Il boom di positivi tra gli under 5 rallenta la frenata del virus. Ma ancora per poco. Il 15 febbraio l'americana Food and Drug administration dovrebbe approvare il preparato messo a punto da Pfizer per la fascia 6 mesi-4 anni. Elena Bozzola, pediatra infettivologo presso l'Ospedale Bambino Gesù di Roma, spiega a il Giornale.it perché il vaccino per i piccolissimi è l'arma contro gli effetti sottovalutati del Covid.
A breve verrà approvato il vaccino anche per la fascia 6 mesi-4 anni: cosa sappiamo, è sicuro?
«Pfizer ha chiesto l'autorizzazione a procedere per la vaccinazione nei più piccoli con due dosi di vaccino di 3 micro grammi, 1/10 del preparato messo a punto per gli adulti. Dunque, sono stati fatti studi per minimizzare il rischio di effetti collaterali e garantire la sicurezza a fronte di una buona efficacia del vaccino. Detto questo, bisognerà aspettare il parere della Fda e vedere i dati delle somministrazioni ai bambini americani. Ai bimbi non verrà dato un vaccino sperimentale e non senza l'ok da parte delle autorità regolatorie competenti».
Dai dati, però, è emerso anche che tra i 2 e i 4 anni l'efficacia sembrerebbe essere inferiore nel prevenire contagio.
«Per ora si tratta ancora di dati preliminari. La cosa importante è effettuare la vaccinazione, perché i contagi stanno calando ma non nella fascia dei più piccoli, per i quali fino ad ora non è previsto il vaccino. Che sarebbe, invece, fondamentale per prevenire le forme più gravi e i ricoveri. Sotto i cinque anni ci sono 273mila casi con 5.500 ospedalizzati, 90 ricoverati in terapia intensiva e 10 morti».
Di solito i bambini sviluppano pochissimi sintomi. Perché, allora, dovremmo vaccinarli?
«È vero. Sappiamo che la positività di un bambino al momento decorre con pochi sintomi, però, non sappiamo che cosa ci riserverà il futuro e mi riferisco a tutte quelle conseguenze che può comportare l'infezione. Aumenta di due volte e mezzo la probabilità di sviluppare il diabete, c'è il rischio della malattia multisistemica pediatrica, del Long Covid. Quindi se abbiamo un'arma per prevenire tutto questo ritengo sia importante valutarla. E per quanto riguarda le preoccupazioni relative agli effetti collaterali, diminuendo la dose diminuisce anche il rischio di eventi secondari».
Però la somministrazione del vaccino ai bambini non pare decollare. Perché?
«In realtà c'è una concausa di due fattori. All'inizio quando è arrivato il vaccino, come sempre, noi italiani siamo stati a vedere. Diciamo che in genere è prevalsa la tendenza: facciamo le vacanze di Natale e vediamo un po' come va. Poi, dopo le feste, con il picco di contagi da far paura, soprattutto tra i bambini, molti genitori sono corsi a vaccinarli. La frenata è dovuta al fatto che circa un 10% dei bambini ha contratto il Covid, un 30% si è già vaccinato una buona parte è in quarantena».
Non è che non si è fatto abbastanza per tranquillizzare i genitori?
«All'inizio tra i genitori c'era veramente paura, questo anche perché circolavano le varie fake news e anche i miei colleghi, non pediatri, non hanno aiutato. Molti dicevano che il vaccino ai bambini non serve. Ora per fortuna si sono ricreduti, ma all'inizio hanno contribuito a instillare il dubbio».
Le è mai capitato qualche caso di genitori No Vax di bambini ricoverati che poi si sono ricreduti sul vaccino?
«Purtroppo no e da noi ce ne sono tanti. Nonostante i bambini ricoverati stiano male, non fanno nessun passo indietro, c'è proprio una sorta di annebbiamento, di rifiuto nell'accettare il ruolo del vaccino come salva vita».
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