Tra venduti e ravveduti Erri resta coerente

La colpa di Erri De Luca è di pensare ciò che ha sempre pensato. Noi non siamo lui, non vogliamo esserlo, ma difendiamo il suo diritto a riconoscersi, a essere coerente. Per lui e per tutti, anche quelli che lo stesso De Luca non ama

Tra venduti e ravveduti Erri resta coerente

Non si può condannare qualcuno per le proprie idee, per quello che pensa e dice. È il principio che questo quotidiano ha sempre sostenuto e vale anche per chi vuole boicottare i lavori della Tav. Non è una debolezza. È forza. È il rispetto di chi ha opinioni diverse dalle tue, perché sono chiare, coerenti, non sono furbe, non puzzano di vigliaccheria e di opportunismo, non sono quelle di chi si vende per una poltrona o perché buono per tutte le stagioni. Chi crede che solo gli stupidi non cambino idea non conosce Erri De Luca. Non condividiamo nulla del suo messaggio, ma in un mondo affollato di persone che rinnegano se stessi, il proprio passato, quello che hanno scritto e predicato, i propri sogni, le proprie convinzioni, c'è un signore di 65 anni che continua a guardarsi in faccia coerentemente in rivolta da quasi 50 anni. La sua non è una lotta contro il sistema o di resistenza a tutte le frasi fatte che cercano di raccontarlo, ma l'affermazione di una visione che i dolori, le sconfitte, la storia non hanno scalfito. E non importa se molti, quasi tutti, i suoi compagni di un tempo hanno cambiato idea, si sono venduti o ravveduti. La strada di Erri segue sempre lo stesso passo.

De Luca è un reazionario. Non crede nell'alta velocità perché la considera costosa e dannosa. Sceglie le ragioni di chi vuole tenere fuori le opere dell'uomo da quelle terre.

Non è uno che si allinea al pensiero della maggioranza e probabilmente non ha in gran conto neppure la sacralità della democrazia. Rivendica però il diritto di dire e scrivere quello che pensa. Non si nasconde. Ribadisce il boicottaggio. Ma soprattutto è convinto che non esistano tabù su cui sia vietato discutere. «Sarei presente in quest'aula anche se non fossi lo scrittore incriminato. Considero l'imputazione contestata un esperimento, il tentativo di mettere a tacere le parole contrarie. Svolgo l'attività di scrittore e mi ritengo parte lesa di ogni volontà di censura. Sono disposto a subire la condanna penale ma non a farmi censurare o ridurre la lingua italiana».

È questo allora il centro della storia. È la tendenza di questi tempi finti e opachi, poco illuminati, a spegnere ogni pensiero stonato, che non sia in linea con il ritornello di Stato e di salotto. È mettere fuori casta ciò che scuote la coscienza dei benpensanti di destra, di centro e di sinistra e che i pubblici ministeri non vedono l'ora di portare in tribunale.

La colpa di Erri De Luca è di pensare ciò che ha sempre pensato.

Noi non siamo lui, non vogliamo esserlo, ma difendiamo il suo diritto a riconoscersi, a essere coerente. Per lui e per tutti, anche quelli che lo stesso De Luca non ama. Il peccato di Erri De Luca è essere Erri De Luca. E non è un reato.

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