Che idea triste, macabra e irrispettosa nei confronti di tutte le donne a cominciare proprio da lei, Mara Cagol, inserire il nome di una terrorista caduta sparando contro i carabinieri, dopo avere sequestrato con violenza un essere umano, ripetendo l'impresa della cattura del giudice Mario Sossi, il primo ostaggio delle Brigate Rosse. Con sorpresa nauseata, scopriamo che è stato questo il curriculum, anzi fedina penale, che le è valso un posto spensierato fra le donne trentine meritevoli di menzione nell'albo d'oro dal giocoso titolo «Trentatré trentine».
Il primo sentimento che questo nome evoca è un'angoscia terribile. Con Mara Cagol e suo marito Renato Curcio cominciò la storia più sanguinosa dell'Italia repubblicana, generata dall'idea demenziale e arrogante secondo cui la classe operaia dovesse insorgere in armi contro la democrazia: un'idea che è costata un migliaio di morti innocenti.
Negli anni Settanta al posto dell'anarchia si era consolidata questa idea coltivata specialmente nella Università di Trento e nella sua facoltà di Sociologia che la rivoluzione fosse a portata di mano, che fosse soltanto una questione organizzativa che richiedesse un gruppo di avanguardie intellettuali e militari in grado di convincere le masse a prendere le armi contro lo Stato.
Lì nacque questo gruppetto formato dalla Cagol, Curcio, Alberto Franceschini ed altri decisi si dovesse passare dalle armi della politica alla politica delle armi. Quel che sappiamo noi a distanza di mezzo secolo è che quella insurrezione in parte cervellotica più che utopica e in buona parte fondata sul disprezzo della vita altrui, ma nel caso di Mara Cagol anche nel disprezzo della propria vita perché quella donna fu una dei pochi a pagare nel proprio sangue la sciagura insurrezionale di cui fu promotrice, è che il gruppo insurrezionale diventò immediatamente l'oggetto dell'attenzione di entità esterne e straniere fortemente interessate alla manipolazione e all'uso di personale terroristico con cui compiere azioni coperte da motivazioni ideologiche apparentemente genuine.
Essendo stato per quattro anni presidente di una Commissione parlamentare d'inchiesta sulla penetrazione dello spionaggio sovietico in Italia, proposi una rogatoria per conto del Parlamento per una missione nella procura generale di Budapest, il cui procuratore generale mi aveva comunicato di possedere la documentazione sui terroristi delle Brigate Rosse, come agenti della Stasi tedesco-orientale e del Kgb sovietico, sotto il comando del terrorista Ilich Ramirez Sanchez noto come Carlos the Jackal. Quando chiesi al procuratore generale di Budapest se i documenti riguardassero anche il rapimento di Aldo Moro, la risposta fu: «Sì, e sono i documenti più importanti». Vedemmo una valigia con le carte che però non ci furono consegnate perché la Repubblica ungherese non poteva disporne senza il consenso della Federazione russa.
Da allora, benché il fatto faccia parte degli atti del Parlamento, non un solo magistrato ha sentito il bisogno di esigere con gli strumenti diplomatici necessari quanto fu negato alla Commissione parlamentare. Fu la prova della cosiddetta «etero-direzione» che legava una parte dei seguaci di Mara Cagol e di Renato Curcio, ad agenzie straniere.
Il nome di Mara Cagol è stato inserito in un volume edito dalla Provincia autonoma di Trento, sotto il leggiadro titolo «Trentatré trentine», che elenca altrettante donne che hanno onorato la città. «Abbiamo scelto di riportare anche questa biografia così hanno spiegato i curatori per sottolineare che la forza delle donne può anche essere distruttiva se non è ispirata a valori quali la convivenza pacifica e la non violenza». Francamente una motivazione che non sta in piedi davanti a una scelta immorale, storicamente offensiva: proporre come modello una persona insorta in armi contro lo Stato. Della pubblicazione (promossa da un ente istituzionale come la Provincia e non da un privato) è stato chiesto il ritiro da Fratelli d'Italia. Alessandro Urzì, consigliere regionale e provinciale a Trento e coordinatore regionale di Fdi di è netto: «Mara Cagol è un esempio negativo. Quell'opera va ritirata. E non si faccia finta di non capire la gravità dell'episodio».
L'insurrezione e la fine sanguinosa della Cagol non possono essere equiparate al coraggio delle donne che combattevano contro i tedeschi durante l'occupazione nazista.
La proposta di farne e un fulgido esempio femminile e persino femminista, ci sembra triste e codardo: non è questione di destra o di sinistra, ma di rispetto per la Repubblica, per le vittime del terrorismo. Pietà per chi è morto, ma non a prezzo dell'onore della Repubblica e di coloro che la servono.
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