Le verità (sulle balle) dell'ambientalismo

Ricerche che confutano la propaganda green globalizzata. Per farsi delle domande

Le verità (sulle balle) dell'ambientalismo
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Per non rifilarvi la solita marchetta «libro-imperdibile-che-dice-la-verità» azzardiamo un approccio critico come se il mondo non fosse quello che è: il libro curato da Nicola Porro non dovrebbe raccogliere delle selezionate ricerche di autorevoli specialisti (fisici, geologi, climatologi, meteorologi ma anche economisti e ingegneri) che si contrapponga a una maggioranza di altre ricerche indicate come tutte false, menzognere e propagandistiche: in un mondo normale, le ricerche proposte da Porro (La grande bugia verde, Liberilibri, 18 euro) si confronterebbero banalmente con le altre ricerche sui rispettivi temi, e dal loro combinato/disposto scaturirebbe un progresso. Nella scienza, e non solo, dovrebbe funzionare così, ci sono ricerche che ancor oggi mettono a confutazione Darwin ed Einstein senza che si tratti sempre di derive ideologiche, anzi, talvolta sono studi che hanno permesso di verificare o correggere intuizioni geniali.

Dettaglio: non siamo più in un mondo normale, e il tradizionale dibattito scientifico è surriscaldato (quello sì) da propagande globalizzate in grado di ingenerare conformismi di massa: è stravero, per esempio, che non c'è alcun unanimismo attorno al cambiamento climatico e soprattutto sul ruolo e sull'influenza dell'uomo, ma ogni obiezione viene chiamata negazionismo o peggio «criminalità da imprigionare» (The Guardian, 2006) con la pretesa di un consenso totalizzante che adotta linguaggi sempre più biblici e sempre meno laici, tantomeno scientifici. Così certi studi, anche seri, non vengono letti ma vengono comunque giudicati: in caso contrario si scoprirebbe che il vero dibattito riguarda il vero contributo del carico umano di CO2 su un riscaldamento comunque in atto, perché una qualsiasi lieve modificazione naturale dello scambio tra oceani e atmosfera lo farebbe crescere in misura molto maggiore di quella che noi saremmo in grado di provocare. Il gas serra (CO2, anidride carbonica) è prodotto per il 41% dagli oceani, per il 27 dal suolo e per un altro 27 dalla vegetazione, cui vanno aggiunti i vulcani e la respirazione degli animali, noi compresi. Parentesi: l'Amazzonia non è il polmone verde del Pianeta, perché consuma interamente l'ossigeno che produce: il suo ruolo è fungere da condizionatore d'aria della Terra, inviare cioè umidità e calore alle alte latitudini: per questo è difficile fotografarla dallo spazio. Le vere artefici dell'ossigenazione sono le diatomee marine, microrganismi che agiscono per fotosintesi: viste dai satelliti, sono quelle correnti verdognole che insieme ad altri organismi formano il plancton e ci tengono in vita. Queste informazioni, parentesi, non sono contenute nel libro di Porro: sono le basi culturali minime per poterlo leggere. Ma alle masse (soprattutto internettiane) le basi interessano poco, non sanno neppure che il riscaldamento del Pianeta va e viene da milioni di anni anche se la megalomania dell'uomo, ora, l'ha convinto di poterlo interamente causare, o di poterlo addirittura fermare. Forse l'uomo può peggiorarlo, sì, ma non più di tanto: l'incidenza umana sul cambiamento climatico non è ancora ben è calcolabile, ma, soprattutto, non è ben calcolabile quanto si possa davvero incidere nel contenerla.

Quello che è calcolabile, tuttavia, in questo libro c'è: compreso il numero di balle sparate nell'orbita terrestre. Riassumere il contenuto delle ricerche in poche righe sarebbe un torto imperdonabile, ci si sofferma infatti sui complicati modelli previsionali sul clima la cui precisione viene confutata, ci si interroga appunto sulla variabile umana, sulla sopravvalutazione della CO2, sulla mancanza di una precisa correlazione coi disastri naturali e il loro presunto aumento (uragani, alluvioni, incendi) e naturalmente sui ghiacci che si stanno sciogliendo, il livello marino che cala e le città costiere che dovrebbero sparire, l'influenza di vulcani, placche, eruzioni e terremoti e altri fenomeni che certo l'uomo non può determinare. Un ultima parte del libro, più inevitabilmente politica, cerca di vagliare quanto siano effettivamente green le politiche green e l'impatto del climatismo ideologico sull'economia. Ergo i problemi e i tempi della transizione energetica, quanto ci sia di «rinnovabile» nelle tecnologie verdi, l'ironica e spesso impalpabile differenza tra transizioni energetiche e transazioni finanziarie.

Non stiamo ad anticipare, ripetiamo, le conclusioni talvolta relativistiche o talora assertive del libro: anche in ossequio allo spirito liberale implicito nella sua prima riga, a pagina 11: «Usate questo libro per farvi delle domande».

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