Cinque-sei ore, anche di più per chi fa il tempo pieno, seduti al banco con la mascherina, immobili, anche lì dove la distanza minima è garantita. La prudenza non è mai troppa, più che mai in era Covid. Ci si alza solo per andare in bagno e a mensa per chi rimane il pomeriggio. La ricreazione, ridotta all'osso, si fa in classe e rigorosamente al posto. E con le protezioni ben piazzate sul viso. Senza potersi sgranchire un attimo le gambe. Azzerati i contatti con i compagni delle altre sezioni, ma questo si sapeva già, per facilitare eventuali operazioni di tracing.
Vietato anche girarsi durante la lezione per passare una penna al compagno che l'ha dimenticata, perché così il distanziamento si accorcia, meglio di no. Ah, già, tanto non si possono più prestare temperini, matite, gomme da cancellare o che altro. L'astuccio deve essere al completo, altrimenti ci si arrangia. Banditi il più possibile anche i libri cartacei e i cari vecchi fogli A4 per le verifiche, pericolosi veicoli di infezione: chi può i compiti li fa sul suo computer, anche se su questo molte famiglie sono pronte a dare battaglia, perché non tutti ne hanno uno da affidare serenamente al pargolo di casa che magari all'uscita di scuola va agli allenamenti e lo lascia negli spogliatoi o semplicemente non è affidabile quanto basta per scorrazzare per la città con il portatile nello zaino. Altrimenti i prof saranno costretti a far «decantare» i compiti in classe per un paio di settimane prima di riportali corretti, operazione che avranno svolto con appositi guanti, non sia mai il virus si nasconda anche lì.
Eccola la scuola ai tempi del Covid, che le famiglie stanno imparando piano piano a conoscere, chi rimpiangendo la didattica a distanza che ci ha fatto compagnia durante il lockdwom, chi addirittura pensando di procedere individualmente all'acquisto dei fantomatici banchi monoposto visto che quelli promessi dal commissario Domenico Arcuri non si sa bene quando arriveranno.
Ascoltando i racconti che i ragazzi fanno alle mamme all'uscita di scuola, e scorrendo le chat di classe - letteralmente impazzite in questi giorni con le mille e più domande su come vengono fatte rispettare le prescrizioni anti-virus, sul distanziamento, sulle ricreazioni negate, sulle troppe ore di buco perché i professori ancora non ci sono - viene da sorridere e riflettere sulla reale utilità di regole tanto severe. Nulla da dire sulle linee guida del Comitato tecnico scientifico per cercare di ridurre il rischio di contagio in classe, per carità. Sono sacrosante e vanno rispettate. È che certe regole e talvolta l'eccessiva intransigenza dei dirigenti scolastici nel farle osservare, sembrano non tenere conto di quello che fanno regolarmente dopo il suono della campanella quegli stessi ragazzi costretti al banco senza muoversi per ore e ore: subito via le fastidiose mascherine, tutti insieme in comitiva a fare i giri di sempre, baci, abbracci, strette di mano, chiacchiere in libertà. E addio distanziamento, come se il coronavirus fosse un problema solo a scuola.
Si comincia appena varcato il cancello degli istituti, appena non c'è più l'occhio vigile del professore di turno a controllare e si continua il pomeriggio al parco e più che mai la sera nei luoghi della movida, dove gli assembramenti sono all'ordine del giorno. Scene viste mille volte, che adesso sembrano fare a pugni con i paletti imposti durante le lezioni.
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