Cinque anni fa, per lamentarsi dell'immagine che gli cucivano addosso i giornali, Beppe Grillo raccontò: «Mio figlio Ciro mi ha chiesto: papà, ma tu sei cattivo?». Chissà se adesso il fondatore dei 5 Stelle rigirerà la domanda al ragazzino divenuto uomo: «Ciro, ma tu sei cattivo?». Perché il diciannovenne Ciro Grillo, quarto e ultimo figlio dell'ex comico, è piombato in una storiaccia che, se venisse confermata, spingerebbe qualunque padre a interrogare e a interrogarsi. Una storia di sesso senza regole e senza sentimenti, quattro giovani uomini e una sola giovane donna in una villa di Porto Cervo, telefonini accesi e la ragazza passata dall'uno all'altro come uno strumento di piacere, in un vortice in cui il libero, lucido consenso della femmina diventa inevitabilmente aleatorio.
Ora, come spesso accade, sul tema del consenso della ragazza le versioni divergono. Lei, finita la vacanza in Sardegna e ritornata a Milano, ha salito i gradini di pietra del palazzo che ospita la Compagnia Duomo dei carabinieri e ha messo nero su bianco l'accusa contro Ciro Grillo e i suoi tre amici: Edoardo Capitta, Francesco Corsiglia e Vittorio Lauria, tutti figli della Genova bene, buoni licei, soldi in tasca, passione per le discoteche e le spiagge vip. Racconta di uno stupro di gruppo in piena regola, la notte del 16 luglio, quattro contro una, nessuna possibilità concreta di rifiutarsi o di scappare. I carabinieri si consultano con la Procura di Milano, e d'intesa con i pm trasmettono tutto alla magistratura competente sulla Costa Smeralda: Tempio Pausania, in provincia di Sassari. Partono le indagini: le coordina il procuratore di Tempio, Gregorio Capasso, ma gli accertamenti sono delegati ai carabinieri milanesi. E iniziano ad emergere riscontri ma anche buchi: soprattutto il tempo passato dopo il presunto stupro, la ragazza - una modella di origini scandinave, residente da tempo a Milano - che dopo la notte nella villa continua tranquillamente le sue vacanze, postando foto serene, e che solo al rientro sul continente, dieci giorni dopo i fatti, decide di sporgere denuncia. Giovedì, i quattro giovani genovesi vengono convocati in Procura a Tempio Pausania e interrogati. Linea unica, compatta: «La ragazza era d'accordo, non ha mai chiesto di smettere».
I cellulari dei quattro sono stati sequestrati, e verranno aperti solo alla presenza dei loro difensori. Un video è già in mano agli inquirenti, e riprende una parte della serata: ma, proprio perché parziale, pare non sia risolutivo. «Faremo in fretta», annuncia ieri il procuratore Capasso. Eppure l'inchiesta non sarà facile, il tempo trascorso rende impossibile capire se e quanto la ragazza avesse bevuto, se fosse o meno padrona delle sue azioni. La speranza è che dai telefoni spunti qualche altro video, che completi il racconto della nottata. Ma due punti, fin d'ora, appaiono assodati. La prima è che Grillo junior e i suoi amici hanno ritenuto che fosse giusto infrattarsi in quattro con la ragazza, sottoporla a una sorta di gang bang fatta di rapporti completi a raffica e filmarla.
La seconda è che il profilo social di Ciro Grillo, dietro il nickname «Ciruzzolohiil», scovato dal Messaggero prima che il ragazzo lo oscurasse, racconta - in un profluvio di discoteche, muscoli guizzanti e ragazze adoranti - di un rapporto fin troppo schietto con il sesso, volontario o meno. «Ti stupro, bella bambina, attenta», scrive già due anni fa Ciro Grillo. Allora aveva solo diciassette anni.
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