Confermato il primo caso di coronavirus in Egitto. Ad annunciarlo il portavoce del ministero della Sanità, Khaled Migahed, precisando che si tratta di un cittadino straniero. «Dopo una serie di misure preventive per rintracciare l'agente patogeno, è stato rilevato un caso di Coronavirus. È stato effettuato un controllo di laboratorio del caso sospetto e il risultato è stato positivo, sebbene il paziente non abbia avuto sintomi», ha affermato Migahed. Il portavoce del ministero ha fatto sapere che il dicastero «ha informato immediatamente l'Organizzazione mondiale della sanità, oltre a prendere tutte le misure per isolare il contagiato».
Dunque avevano ragione gli esperti: era soltanto una questione di tempo. Impossibile che il continente africano che ha come primo partner commerciale proprio la Cina con un volume d'affari da 100 miliardi potesse rimanere fuori dal contagio e una presenza massiccia di persone provenienti da quelle aree.
E ora rischiano di concretizzarsi le preoccupazioni espresse pochissimi giorni fa dall'Oms: ovvero che possa scatenarsi un'epidemia fuori controllo. Un rischio che non riguarda i paesi con sistemi sanitari efficienti (come l'Italia) ma appunto quelli considerati più vulnerabili tra i quali ovviamente c'è l'Africa. Anzi il timore principale è che in questo sterminato continente in realtà il nuovo coronavirus sia già arrivato ma i casi non siano stati registrati perché molti paesi non sono in possesso degli strumenti necessari a diagnosticare il Covid-19. A cominciare dal kit per i test.
Soltanto una settimana fa il direttore generale dell'Organizzazione mondiale della Sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus, aveva ribadito che la principale preoccupazione dell'Oms era concentrata sui «paesi con i sistemi sanitari più deboli» dove il coronavirus rappresenta un pericolo «più grande del terrorismo».
A confermarlo Walter Ricciardi, che è rappresentante dell'Italia nell'Executive Board dell'Oms che definisce l'arrivo del coronavirus in Egitto «non una buona notizia». Per Ricciardi «dobbiamo solo sperare» nella capacità di reazione dei servizi sanitari.
E in questo senso tra i paesi africani l'Egitto non rappresenta un punto debole, non è fra i «vulnerabili». Comunque al momento, aggiunge Ricciardi «è troppo presto per fare previsioni», prima occorre ricostruire «la storia di questa persona: da dove viene, che cosa ha fatto, come è arrivato in Egitto, che contatti ha avuto».
Michel Yao, responsabile Oms delle operazioni di emergenza in Africa proprio pochi giorni fa era intervenuto sul rischio Covid-19 sottolineando che gli ospedali africani non sono attrezzati neppure dal punto di vista dei presidi sanitari: maschere, tute isolanti, trasporti per il biocontenimento. Oltre alla carenza di personale e di medicinali. In un'intervista al Guardian Yao aveva dichiarato: «i casi di contagi potrebbero verificarsi in qualunque momento, e la maggior parte degli ospedali non sarebbe in grado di far fronte a un numero elevato di pazienti bisognosi di cure intensive»
Sarebbero già stati segnalati casi sospetti in Africa poi risultati negativi. Ma è sempre Yao ad afermare che sarebbe «la mancanza di reagenti per testare il virus che sta ritardando la capacità dei Paesi africani a confermare casi». Per questo si stanno inviando i kit per i test e si stanno preparando corsi di formazione.
Nel continente sarebbero meno di 10 i laboratori in grado di eseguire i test.
Tra questi sicuramente l'Istituto Pasteur in Senegal e il National Institute for Communicable Diseases in Sudafrica, che hanno ricevuto campioni da esaminare da altre aree sprovviste degli strumenti necessari.Per l'Oms che ha già provveduto ad inviare kit nei laboratori africani i paesi maggiormente a rischio contagio, per i loro stretti rapporti con Pechino, sono Algeria, Angola, Etiopia, Ghana, Nigeria, Tanzania e Zambia.
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