L'infatuazione dell'azzurro Luigi Vitali per Giuseppe Conte è durata lo spazio di una notte. Una scappatella cancellata da un repentino pentimento. Prima l'annuncio dell'addio a Forza Italia e l'adesione al progetto dei «responsabili» europeisti nella tarda serata di mercoledì, un ingresso che aveva rappresentato una iniezione inattesa di speranza per una maggioranza azzoppata. Poi i dubbi, le telefonate con i big del centrodestra e infine il «contrordine colleghi».
Luigi Vitali, già coordinatore azzurro in Puglia, avvocato, in Parlamento dal '96, in prima linea sulla Giustizia di cui è stato sottosegretario, negli ultimi tempi si era avvicinato a Cambiamo di Giovanni Toti senza poi aderire e aveva aperto un dialogo con la Lega in virtù del rapporto di amicizia con il coordinatore dei salviniani in Puglia, il leccese Roberto Marti. La sua dichiarazione era stata una sorta di fulmine a ciel sereno. «Ho deciso di sostenere il presidente Conte», entrando nel gruppo Europeisti-Maie-Cd. La mattinata di ieri, però, ha portato consiglio. Fino al clamoroso dietrofront.
«L'impulso mi ha fatto dire a Conte che lo avrei aiutato, ma quando sono uscito da palazzo Chigi ed è uscita l'agenzia, mi ha chiamato Berlusconi e mi ha detto: non posso credere che tu abbia fatto una cosa del genere, mi ha ricordato la mia storia, le battaglie fatte. Io gli ho spiegato che non voglio le elezioni anticipate e mi ha rassicurato dicendomi di essere stato il primo a dare la disponibilità per un governo di larghe intese» dice Vitali a Un giorno da Pecora. «Poi mi ha chiamato anche Salvini che mi ha detto che è disposto a parlare con chiunque purché si facciano la riforma del fisco e quella della Giustizia». Una frenata a cui ha contribuito Anna Maria Bernini che si è interfacciata con lui e con il presidente Berlusconi più volte, una moral suasion diretta a fargli capire che difficilmente le promesse sarebbero state mantenute dalla maggioranza giallorossa e in quello schieramento sarebbe servito soltanto a fare numero. Un'azione portata avanti anche dai leghisti e dallo stesso Roberto Marti che non riuscendo a raggiungerlo al telefono, a mezzanotte ha fatto un blitz, ha citofonato alla sua casa romana insieme ad alcuni colleghi leghisti e lo ha convinto a rivedere la sua decisione.
I parlamentari di centrodestra liquidano la vicenda con un pizzico di ironia. «Riunitasi in assemblea urgente, la componente Idea-Cambiamo del Senato ha deliberato di modificare il proprio nome in Cambiamo Idea e di affidare la presidenza al senatore Gino Vitali», scrive su Facebook Gaetano Quagliariello. Maurizio Gasparri allarga le braccia: «In questi casi ci vuole la pazienza di Giobbe». Ieri peraltro anche la senatrice Gabriella Giammanco ha rivelato di essere stata contattata «sia telefonicamente, sia via whatsapp da un esponente del governo», opponendo però un deciso no alle lusinghe.
Sull'altro fronte c'è chi pensa addirittura a una «strategia del ripensamento». «È chiaro che questa cosa di Vitali blocca anche gli altri potenziali arrivi», riflette un «responsabile». Niente effetto domino, insomma. Giuseppe Conte, però, secondo alcune voci, starebbe valutando una controffensiva.
Dopo la brutta figura rimediata con Vitali, il premier starebbe lavorando, insieme a Barbara Lezzi per il M5S e Francesco Boccia per il Pd, alla costituzione di un gruppo di una ventina di senatori del Sud pronti a dirsi contrari a qualunque altra opzione al di fuori di un Conte Ter. Una mossa che al momento non sembra avere grandi possibilità di riuscita e di blindatura per il premier uscente.
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