"A Wuhan fatte sparire le vere origini del Covid"

Scienziato Usa recupera i dati cancellati: "I cinesi hanno nascosto le prime tracce"

"A Wuhan fatte sparire le vere origini del Covid"

Nuovi elementi di sospetto sulla gestione cinese della fase iniziale della pandemia di Covid-19 vengono ad aggiungersi dopo la denuncia di un virologo statunitense. Secondo Jesse Bloom, un professore del Centro di ricerca sul cancro Fred Hutchinson di Seattle, le sequenze genetiche dei primi casi di Covid-19 che erano state registrate presso una banca dati internazionali negli Stati Uniti utilizzata per tracciare l'evoluzione della pandemia sono state cancellate su richiesta di un ricercatore cinese, che le aveva presentate tre mesi prima. Si tratta, ha spiegato Bloom in un documento ripreso dal Wall Street Journal, di una procedura legalmente ineccepibile («I ricercatori che presentano i dati al National Institute of Health ne detengono i diritti e possono chiederne il ritiro») ma che fa sorgere sospetti: le sequenze cancellate, infatti, erano relative ai primi campioni di virus raccolti nella città di Wuhan, dove la pandemia ha avuto inizio.

Secondo Bloom, l'obiettivo di questa iniziativa che ha privato gli scienziati di informazioni cruciali sarebbe stato quello di «oscurare la verità sulle origini della pandemia». Il professore americano precisa che stiamo parlando di 45 campioni di test provenienti dalla Università di Wuhan, che avrebbero potuto fare luce sulla delicata questione della circolazione del Covid prima dei casi ufficiali registrati nel dicembre 2019. La scomparsa di questi dati non è di per sé una prova della teoria della fuga del Covid-19 da un laboratorio di virologia di Wuhan, ma certamente alimenta quei sospetti che hanno di recente indotto iden a ordinare ai servizi segreti americani approfondimenti sulle origini della pandemia.

I sospetti denunciati da Bloom si basano su alcune caratteristiche del virus. A suo avviso, «i primi campioni ufficiali sono molto più evoluti di quanto ci si aspetterebbe da un agente patogeno che ha appena compiuto il salto di specie da un animale all'essere umano». Molto significativo che il governo cinese abbia diramato un ordine che prevedeva l'ottenimento di un'autorizzazione per la pubblicazione di qualsiasi dato sul coronavirus proprio nel marzo 2020, pochi giorni dopo l'invio di quei 45 campioni nell'archivio del National Institute of Health americano. Bloom afferma che non esista «alcuna motivazione scientifica plausibile per la cancellazione», e che si deve quindi sospettare che lo scopo fosse quello di far sparire informazioni cruciali. Non tutto però è andato perduto. Il virologo americano è riuscito a recuperare attraverso Google Cloud, 13 delle sequenze incriminate e ha verificato che esistono differenze genetiche tra i campioni cancellati e il virus che è poi dilagato in tutto il mondo.

Rimane il fatto che il livello di segretezza che copre il lavoro svolto all'istituto di virologia di Wuhan è sospetto.

Un'inchiesta del Washington Post dimostra che nel maggio 2019 un funzionario dell'Amministrazione cinese per la protezione dei segreti di Stato visitò l'istituto e informò il personale del pericolo di infiltrazione da parte di spie straniere e dei rischi per la sicurezza nazionale derivante dal lavoro che svolgevano. In ottobre, inoltre, si tenne una sessione di addestramento in laboratorio riservata a 60 operatori, tutti membri del partito comunista, dedicata a «questioni di sicurezza del partito e del Paese».

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