Camicia bianca, giacca blu e un piccolo codino che raccoglie i suoi capelli scuri. Patrick Zaki è apparso adombrato ieri all'uscita dall'aula a Mansura capoluogo del Delta del Nilo in Egitto dopo l'ennesimo rinvio sul suo caso. «Siamo in un ciclo di rinvii. Non è accettabile, voglio tornare ai miei studi e inizio a sentirmi non libero. E ciò è del tutto inaccettabile per me» ha ribadito. «Hanno solo preso la mia carta d'identità, mi hanno fatto uscire, mi hanno detto di aspettare: sono stato là per due ore senza avere idea di cosa stesse succedendo». Poi, continua: «L'udienza è stata rinviata al 27 settembre. Non capisco perché mi impediscano di tornare in Italia. Voglio solo tornare a studiare».
Poco dopo è arrivata la reazione di Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia. «Erano 28 oggi, diventeranno 31 i mesi che Patrick sta trascorrendo privato della sua libertà, impossibilitato a muoversi, nelle mani di una magistratura arbitraria - spiega Noury - un periodo di tempo esorbitante, uno stillicidio considerato che Patrick è accusato di un reato dal pure sapore orwelliano: diffusione di notizie false, per aver soltanto scritto il vero. Dobbiamo fare qualcosa al più presto perché recuperi la sua piena libertà». Zaki è stato in carcere per 22 mesi, poi liberato a dicembre. Ma il processo ancora in corso non arriva a conclusione e nel frattempo lui è bloccato al Cairo. Il rettore dell'Alma Mater Giovanni Molari esprime così il suo parere: «È un ennesimo rinvio che ci delude e rinnova l'angoscia di Patrick e di tutti noi».
Matteo Lepore il sindaco di Bologna ha pure espresso la sua vicinanza a Zaki: «Non è purtroppo l'esito che ci aspettavamo. A Patrick vorrei dire: non mollare, l'abbraccio di Bologna è per te, ti aspettiamo». Zaki rischia sempre cinque anni di carcere con l'accusa di diffusione di notizie false ai danni del proprio Paese.
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