Se la sconfitta russa di questi giorni si dimostrerà una vera e propria Caporetto bisogna stare attenti che le truppe di Mosca non trovino un Piave per una riscossa sanguinosa e devastante. Gli invasori hanno ammesso la ritirata da quasi tutta la regione di Kharkiv, ma la vera svolta nella guerra si giocherà nel Donbass. Putin farà di tutto per non perderlo e conquistarlo occupando anche il 45% della regione di Donetsk che rimane tenacemente in mani ucraine. Il nuovo zar potrebbe decidere la mobilitazione generale che in teoria riguarda un milione di uomini o comunque massiccia. Quanti giovani russi, però, sono pronti a immolarsi in Ucraina per il Cremlino?
Le forze di Kiev, dopo aver sfondato le linee nemiche alle porte del Donbass, cercheranno di avanzare liberando il territorio perduto durante l'estate. Per ora la bandiera gialloblu sventolerebbe a Kreminna. Se fosse confermato sarebbe la prima località della regione di Lugansk, occupata totalmente dai russi, a tornare in mani ucraine. Kreminna è vicina a Severedonetsk e Lysychanks, le città strategiche perse in estate nonostante la strenua resistenza. Allora erano i russi a bombardare le forze di Kiev asserragliate, ma adesso l'artiglieria ucraina armata con gli Himars americani renderà pan per focaccia. Si combatte duramente anche a Lyman, altro punto strategico del Donbass. Se venisse liberata, i russi non saranno più in grado di martellare Sloviansk e Kramatorsk, che garantiscono alle forze di Kiev, dispiegate su una bella fetta della regione di Donetsk, di non venire prese alle spalle. Sull'onda dell'avanzata ucraina si combatte duramente anche sulla linea di contatto davanti all'aeroporto di Donetsk. Se un miracolo permettesse agli ucraini di riprendersi le macerie entrando di fatto nella «capitale» ribelle, allora la Caporetto sarebbe concreta.
Le forze ucraine devono fare attenzione a non esporre e allungare troppo le loro linee preservando uomini e mezzi. Davanti ci sono ancora 60-90 giorni di combattimenti prima che il generale inverno rallenti le operazioni. Kiev potrebbe avere ancora qualche asso nella manica sul fronte Sud, dove avanzare, per ora, è risultato più arduo. Oltre alla nuove ed efficaci armi fornite dall'Occidente è stato fondamentale il supporto Nato in termine di intelligence, sorveglianza e ricognizione, grazie a satelliti e droni cruciali in una guerra convenzionale e moderna. E il perfetto interprete sul terreno è stato il generale Oleksandr Sirsky, comandante delle forze terrestri, che si è sempre occupato di cooperazione con la Nato.
I russi sono stati colti di sorpresa, ma hanno pure pagato lo scotto di tattiche e strategie ancora ferme alla guerra fredda se non prima al secondo conflitto mondiale. Anche il logoramento delle forze ha giocato un ruolo. Adesso avranno gioco facile i falchi a sottolineare che 120mila uomini sono troppo pochi per tenere un forte di oltre mille chilometri occupando il 20% dell'Ucraina prima della sconfitta di questi giorni. Il pericolo è che Putin si convinca a fare il passo finale scatenando la guerra totale con una mobilitazione massiccia. Non richiamerà un milione di uomini, ma pure la metà o ancora meno rischiano di fare la differenza. Il problema è che i giovani russi delle grandi città non avranno una gran voglia di imbracciare il fucile. L'alternativa è la tattica utilizzata fino ad ora dall'orso russo: il tempo. L'importante è tenere le conquiste del Donbass e avanzare in momenti migliori, magari un chilometro al giorno.
I 3mila chilometri quadrati liberati dagli ucraini, in gran parte negli ultimi giorni, dimostrano che
oltre a resistere possono avanzare sconfiggendo il nemico. Però dopo la Caporetto alle porte del Donbass c'è sempre il rischio di un Piave russo e la fine della guerra rimane ancora lontana, come qualsiasi spiraglio di pace.
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