Il Polo avverte: gente in piazza se il presidente Ds va al Quirinale

Fini: «Quella scelta sarebbe vissuta come un tradimento dal nostro elettorato»

Fabrizio de Feo

da Roma

La Casa delle libertà attende una mossa dell’Unione. Continua a invocare il «metodo concertativo», ovvero la presentazione di quella rosa di candidati per il Quirinale di cui, nel primo incontro tra Silvio Berlusconi e Romano Prodi, non si è vista la minima traccia. E serra le file per presentarsi compatta alla grande trattativa che dovrebbe decollare definitivamente tra questa sera e domani, in attesa del colpo di pistola di lunedì della Camere riunite.
«Sulla presidenza della Repubblica tutto il centrodestra è chiamato a una comune assunzione di responsabilità. Alla luce del voto che ha confermato la consistenza elettorale e il valore dei moderati italiani, mi auguro che la risposta della Casa delle libertà sia unitaria e compatta» afferma Lorenzo Cesa, segretario dell’Udc, che chiede a Silvio Berlusconi di convocare un vertice del centrodestra «poiché - aggiunge - sono convinto che gli italiani non ci perdonerebbero di procedere in ordine sparso in Parlamento sull’elezione del capo dello Stato». Il messaggio è semplice: finora abbiamo proceduto in maniera disordinata, abbiamo bruciato nomi e ipotesi ma non possiamo più percorrere questa strada. «È ora di fare chiarezza» dicono dal partito di Via Due Macelli «non possiamo dimostrarci confusi o peggio collusi di fronte ai nostri elettori. Se vogliamo avere un ruolo e giocare la carta dell’interdizione dobbiamo parlare con una voce sola».
I ragionamenti che si ascoltano dalle parti di Via della Scrofa sono simili a quelli centristi. Il timore che Forza Italia possa, in qualche modo, fornire una sponda a Massimo D’Alema, nel nome dell’antica stima che lega Berlusconi al presidente dei Ds, è ormai fugato. «Non c’è un problema di legittimazione su D’Alema» ripeteva ieri Gianfranco Fini ai suoi «ma la sua candidatura dopo questa campagna elettorale sarebbe vissuta come un tradimento dal nostro elettorato». E poi, parlando a Catania: «Credo che qualora il centrosinistra avanzi solo quella candidatura, la Cdl non dovrà abbandonare l’Aula ma avere l’onere di presentare un suo candidato». In serata, poi, Andrea Ronchi, portavoce del partito, spiega il metodo gradito all’opposizione: «Non spetta a noi, come Casa delle libertà, avanzare una candidatura e fare un nome. Semplicemente ci aspettiamo che l’Unione trovi un accordo al suo interno e faccia uno o più nomi che incarnino lo spirito di Ciampi».
Forza Italia, invece, con l’azzurro Lucio Malan adombra il rischio di una reazione forte del popolo di centrodestra di fronte a un «atto di forza» dell’Unione. «È probabile che ci saranno manifestazioni spontanee di piazza se verrà eletto D’Alema» prevede il responsabile Propaganda di Forza Italia. «Non è possibile che non si tenga conto della volontà della maggioranza dei cittadini».
Resta l’incognita del «candidato» su cui far cadere le preferenze della Cdl, nel momento in cui la fantomatica rosa dell’Unione prendesse corpo. Dalle parti di Alleanza nazionale non si fa mistero che il candidato più gradito sarebbe Giuliano Amato, in virtù del rapporto di reciproca stima che lega il «Professor Sottile» a Gianfranco Fini, dopo la comune esperienza vissuta nella Convenzione europea. Amato, secondo An, può anche vantare un buon rapporto con il mondo cattolico grazie alle posizioni assunte sul referendum sulla fecondazione assistita. L’Udc non pone certamente veti sull’ex delfino di Bettino Craxi ma mantiene un atteggiamento più tiepido.

E tra i centristi c’è chi pensa a un’ipotesi mediana: quella di Giorgio Napolitano. Una figura da «grande padre». Ma anche una scelta soft che, banalmente, consentirebbe al centrodestra di abbassare la maggioranza dell’Unione al Senato.

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