Una poltrona per due nella stagione della nuova Finmeccanica

Occorrerà attendere qualche settimana per conoscere quali saranno gli assetti e il futuro di Finmeccanica, l’unica grande azienda «di Stato» che ha rinnovato il suo ceo, con la nomina di Giuseppe Orsi. Vista la delicatezza delle attività di Finmeccanica e la sua rilevanza strategica, è importante che si sia percorsa la via «interna», puntando su manager che hanno esperienza e conoscenza approfondita di aerospazio e difesa, il core business del gruppo. E proprio per questo ci si aspetta anche una certa continuità nelle linee guida, mentre riceverà un nuovo impulso la ricerca di efficienze, riduzioni dei costi, integrazioni per migliorare le performances finanziarie. Nel tempo anche il perimetro di attività potrà essere rivisto, come del resto sta avvenendo per tanti gruppi internazionali concorrenti di Finmeccanica: da Boeing a Northrop Grumman da Bae Systems ad Eads.
Due le questioni ancora sul tappeto: innanzitutto la ripartizione dei poteri tra il presidente ed ex ceo Pier Francesco Guarguaglini e Orsi, ma anche l’organizzazione e il modello gestionale del colosso aerospaziale e della difesa, nonché i rapporti tra la capogruppo e le società controllate. Ufficialmente la questione sarà risolta il 29 aprile, quando dovrebbe anche tenersi il primo cda. In realtà, del contenuto delle deleghe si è già parlato anche animatamente nel corso dello scorso week-end, tanto che a un certo punto sembrava quasi che Guarguaglini fosse costretto a rinunciare, per essere sostituito da un presidente non operativo, che avrebbe potuto essere l’ambasciatore Giovanni Castellaneta, che ben conosce Finmeccanica. Poi la frattura si è ricomposta, ma ora occorre riempire di contenuti l’accordo.
Di sicuro quello che Finmeccanica non può permettersi è una ripetizione degli antagonismi che la hanno contraddistinta in passato: basta pensare all’era Bono-Lina o a quella Guarguaglini-Testore. E visto che Orsi e Guarguaglini si conoscono bene, al di là del contenuto delle deleghe, un accordo operativo può essere raggiunto. Il punto essenziale è decidere chi stabilisce la strategia, le alleanze, le acquisizioni, le cessioni, gli obiettivi.
Poi sarà rivisto un modello che funzionava bene solo con l’accentramento in Guarguaglini delle responsabilità. Basta guardare l’organigramma del gruppo per rendersene conto: oggi c’è un vicedirettore generale che risponde direttamente al presidente e non riporta al direttore generale, tanto per dirne una. Il 29 ci sarà una prima riorganizzazione all’insegna della verticalizzazione, con la probabile nomina di un direttore generale che dipenderà dall’ad Orsi. Ci sono alcuni nomi in lizza, tutti interni. Con lo sdoppiamento dei poteri di vertice tra presidente e ad il ruolo di direttore generale avrà meno rilevanza. O potrebbe anche mancare.
E ci sarà un generale rinnovamento di almeno parte delle figure di top management di Finmeccanica, come è normale in circostanze come queste.

A cascata ci saranno anche modifiche negli assetti di vertice delle società controllate, nella loro organizzazione e nei rapporti con la capogruppo. Per quanto riguarda AgustaWestland, il candidato naturale per succedere a Orsi è Bruno Spagnolini, che già da tempo sta crescendo nella società elicotteristica. Per le altre scelte c’è un po’ più di tempo.

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