La Ponche, un altro sguardo su Saint Tropez

Saint Tropez e La Ponche sono fratelli gemelli. Quando è nato il mito della prima è cominciato anche la storia della seconda. Da più di mezzo secolo i loro destini e non c'è amante di Saint Tropez che non abbia trovato nella Ponche il suo rifugio preferito

La Ponche, un altro sguardo su Saint Tropez

Saint Tropez e La Ponche sono fratelli gemelli. Quando è nato il mito della prima è cominciato anche la storia della seconda. Da più di mezzo secolo i loro destini e non c'è amante di Saint Tropez che non abbia trovato nella Ponche il suo rifugio preferito.

Simone Duckstein, titolare dell'hotel dagli anni Settanta, l'ha ereditata dalla madre Marguerite che già negli anni Trenta trasformò la casa di pescatori con tanto di piazzetta e terrazza sul golfo, dove un grande cedro crea una vera e propria architettura del luogo, successivamente divenne anche un ristorante. "Fino da allora era stato il rifugio preferito di pittori come Matisse e Signac, di scrittrici come Colette, registi come Renè Clair, Julien Duvivier e poi ancora Dunayer de Sagonzac, la regina dell'operetta Mistinguette. Basti pensare che nel 1941 Clai ersce con il film "tropezien. Le soleil a toujour raison" e venne girato proprio alla Ponche, la punta come la definivano i pescatori della città vecchia che sovrasta il porto. A mia madre, Marguerite Armando, il regista le chiese di fare da controfigura dell'attrice protagonista", spiega raggiante Simone.

Da allora nulla è cambiato, forse ci sono più vip volgari, gli artisti sono meno importanti di un tempo, non c'è più Brigitte Bardot che dettava uno stile di vita, ma il mare e la natura sono sempre belli, incontaminati, le strade e le case pulite e dai colori pastello, curatissime. Nel dopoguerra arrivarono gli esistenzialisti, allora non si sapeva ancora bene che cosa significasse questo termine, ma frequentavano La Ponche, il Caffè de Paris, il Sube.

C'erano da Boris Vian a Juliette Greco, da Pierre Brasseur a Daniel Gèlin, cantanti, scrittori e usicisti battezzarono il paese Sant Tropez de Prés. La grego lo trovava un luogo magico, sia per bere, mangiare, ballare, fare mare e innamorarsi.A La Ponche nel 1949 Boris suonava la tromba, Mauloudjla la chitarra, Bon Bays, l'americano negro il sax, il gitano le batterie, Yves Montand e Simon Signoret neglia anni Cinquanta dopo lunghe nuotate intonavano canti e piece.

Qui si divertivano anche Sarte, Picasso, Paul Eluard, Annabelle Buffet ed è proprio negli anni Cinquanta che Simone ricorda nel suo libro fresco di stampa, "Hotel La Ponche. Un autre regard su Saint Tropez " (Le Cherche Midi Editore), di cui ne va fiera, come Saint Tropez entra nella leggenda a partire da quando Francois Sagan, già cliente del bar diventa cliente dell'albergo dove trascorrerà il viaggio di nozze. Contemporaneamente Brigitte Bardot gira per Roger Vadim "Et Dieu créa la femme" con Luois Trintignan facendo base proprio alla Ponche. "Boris Vian aiutava mia madre al bancone del bar e seduti di fronte c'erano la Gréco e Pierre Brasseur.

Quando arrivò per la prima volta la giovanissima Sagan fresca del successo di "Bonjour Tristesse eravamo tutti commossi", continua Simone che ancora oggi continua aricevere ospiti illustri e a organizzare mostre del pittore Jacques Cordier, suo marito morto giovane in un incidente di macchina.

Oggi qualche cosa è cambiato nonostante il mito sia rimasto quello dei tempi di Gigi Rizzi, Gunter Sachs, Eddy Barclays, Jeanne Moreau, Johnny Halliday e Silvie Vartan e ai tavoli rossi del Caffè Senéquiér si siedono i coniugi Sting, Kate Moss, Karl Lgerfeld, il patron della Rolex, Marino che sponsorizza la famosa regata di Sant Tropez.Simone non si scordsa mai di raccontare agli italiani che lei è mezza italiana; la famiglia dei suoi genitori veniva rispettavamente dalla Campania e dal Piemonte.

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