E alla fine il prete tradì il voto di povertà per trenta... centesimi. O anche meno. Rigorosamente da pagarsi, però, con monete in lega «nordic gold», quella dei dieci, venti e cinquanta centesimi di euro. O in tagli superiori, preferibilmente, ça va sans dire, quelli su carta. Le monetine di rame da uno, due e cinque, invece, il prete non le vuole, le scarta, le butta: sono peggio che lo sterco del demonio.
La vicenda è controversa, come molte che avvengono nei paesini dell’Italia profonda, ma è indicativa del fatto che i sacerdoti, pure quelli metropolitani, negli ultimi tempi sono sempre più insofferenti davanti a certi comportamenti dei loro fedeli: tanto da redarguirli senza troppi scrupoli, dal pulpito o con cartelli affissi negli ingressi delle chiese. C’è il sacerdote che se la prende con chi tiene acceso il cellulare durante la funzione, con chi si veste «troppo poco» per un luogo sacro, e con chi lascia i centesimi di rame nel cestino delle offerte.
Quest’ultima è accaduta ad Atella, comune di quasi quattromila abitanti in provincia di Potenza. Qualche settimana fa Don Domenico Traversi, più conosciuto come padre Bernardino, alla predica della seconda messa domenicale nella cattedrale di Santa Maria ad Nives è sbottato coi fedeli: «Per favore, niente inutili monetine di rame nel cestino delle offerte». Inutili? Forse per Finlandia e Paesi Bassi, che poco dopo l’arrivo della moneta unica presero la decisione, da vere nazioni upper middle class, di eliminare i tagli da uno e due centesimi... Tuttavia il prete ha fatto proseliti in loco: poco dopo la sua predica un fruttivendolo di un paese vicino, San Fele, ha fatto sapere ai suoi clienti che avrebbe alzato i prezzi di frutta e verdura a un euro o un euro e mezzo, in modo da evitare di dare il resto in «odiosi spiccioli di rame».
La Gazzetta del mezzogiorno (per la penna di Benedetto Carlucci), seguita da Tgcom e altre testate on line, hanno ripreso la notizia della predica-condanna dei centesimi di rame: e gira voce che altri parroci della provincia di Potenza, sentiti da un cronista della Gazzetta, abbiano dato il loro endorsement privato a Don Domenico, anche se probabilmente non prenderanno posizione durante la messa. Era comunque già la seconda volta che don Domenico chiedeva offerte «più congrue», insomma, «soldi veri».
Alla fine, Don Domenico dev’essersi accorto di essere andato un po’ troppo in là. Quando l’abbiamo raggiunto al telefono della sagrestia ha infatti preso le distanze dalle sue stesse parole: «In verità tengo tutte le monete, però è vero: quelle di rame è più difficile farsele cambiare, me le accetta solo un tabaccaio qui vicino. E poi, quando c’è da fare lavori alla chiesa, quelle di rame valgono ben poco. Anche nella vita di tutti i giorni: se perdo una moneta di un centesimo non me ne preoccupo, se ne perdo una da due euro sì. Questa notizia che si è diffusa dev’essere stata un fraintendimento, anche se sono diventato celebre».
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