Premio dal Vaticano: «Da Sant’Eustorgio il Vangelo nel mondo»

Il giro del mondo in 22 anni. Di un modo semplice per parlare di Dio: coinvolgendo i laici. Un gruppetto di sei persone che diventano dodici (una cellula). E dunque pronte a formare altri gruppi, dividendosi o moltiplicandosi. Obiettivo: il mandato di Gesù, «Andate e predicate». Il «sistema delle cellule» è partito da Milano nel 1987, grazie a don PiGi (Piergiorgio) Perini, parroco della Basilica di Sant’Eustorgio, al Ticinese. Oggi è ampiamente adottato nelle parrocchie dei cinque continenti: se in Sant’Eustorgio le cellule sono 147, in tutto il mondo arrivano a 4.300. «È grazie a loro, ai gruppi di laici, che le chiese si sono trasformate da giganti addormentati a parrocchie in fiamme» è convinto don PiGi. Che ieri, oltre ad aver festeggiato i suoi 80 anni, ha ricevuto il riconoscimento ufficiale del Vaticano. La sua idea di coinvolgere i parrocchiani nelle cellule sarà d’ora in poi proposta come metodo valido per l’evangelizzazione del mondo intero. Il documento è stato letto ieri in basilica dal cardinale Salvatore De Giorgi, arcivescovo di Palermo e membro del Pontificio consiglio per i laici, in nome del Dicastero vaticano. «Lo abbiamo consegnato in Vaticano il 2 aprile, nel quarto anniversario della morte di Giovanni Paolo II - ha annunciato il cardinal De Giorgi -. Sono rimasto colpito dall’entusiasmo che trapela da questa chiesa e dal metodo delle cellule che invita a evangelizzare tutti comunque e sempre. La crisi mina le parrocchie quando si chiudono in sé e diventano “agenzie del culto”, quando si accontentano di predicare ai propri parrocchiani».
In effetti la prima regola di una cellula è quella di parlare di Gesù ai «lontani». «Ossia a quelli che non lo hanno mai conosciuto o l’hanno dimenticato - precisa don PiGi - potrebbero essere i parenti prossimi». Il gruppo nasce per affinità o diversità. «Può essere formato da persone simili per età o professione oppure no, - spiega il parroco che in Sant’Eustorgio è affiancato da un prete polacco, uno africano e uno francese -. Gli incontri sono settimanali, ciascuno presenta una lista di persone che ha incontrato durante la settimana e si studiano le strategie di avvicinamento... ». Quando è nata quest’idea? «Nell’87 visitai una parrocchia della Florida, la St. Boniface a Pembroke Pines, ne avevo sentito parlare ma la realtà superò l’aspettativa - riferisce il parroco -. Quando sono tornato ho deciso che non mi sarei più occupato di conti e scartoffie avrei fatto solo proseliti». Cosa c’entrano le cellule con la Messa gioiosa che si celebra a Sant’Eustorgio? (per la cronaca: si cantano tutti gli amen, si sollevano le mani, si musica con organo, chitarre, flauti, tamburelli, si applaude, si prega a voce alta spontaneamente e al momento della pace tutti i fedeli si muovono per la chiesa abbracciandosi uno con l’altro): «La partecipazione nasce dal fatto che ci si vuole bene, non c’è nulla di stereotipato. Vogliamo combattere l’estraneità, il peggior male dei cristiani, e poi la Messa è un fatto comunitario».

Ieri era anche il primo giorno del 20° seminario organizzato in Sant’Eustorgio per i sacerdoti di tutto il mondo, dall’Africa, dall’Europa, dalle isole Fiji, dall’America del Sud: una volta all’anno si fa il punto sulle cellule e i preti riferiscono ai loro vescovi. «Un impegno, certo, dobbiamo girare, controllare che il sistema sia applicato correttamente. Ma questa è vita, è gioia».

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