«Le prerogative del Quirinale? Politicamente ce ne freghiamo»

Sarà pure il «conto della serva», come lo chiama il sottosegretario leghista Castelli, ma i numeri parlano chiaro. Sulla carta, almeno alla Camera, la maggioranza assoluta è del fronte antiberlusconiano: agli 85 firmatari e votanti della mozione di sfiducia del «Terzo polo» (dovevano essere 87, ma Fini per prassi non vota e Giampiero Catone, che a settembre aveva lasciato il Pdl per Fli, ha già cambiato idea) vanno sommati i 206 del Pd e i 24 di Italia dei Valori, e si arriva a 315. A questi vanno aggiunti Beppe Giulietti e il valdostano Nicco, e siamo a 317: un voto sopra il quorum della metà più uno.
Certo, resta da vedere cosa accadrà di qui al 14 dicembre e se le cifre sulla carta si tradurranno tutte in voti: la speranza che confessano nel Pdl, salvo l’ipotesi difficile che altri di Fli possano fare dietrofront o che il valdostano si astenga, è che «almeno un paio si “ammalino” improvvisamente e non vengano». Nel Pd, ad esempio, c’è la possibile assenza (ampiamente giustificata) di Federica Mogherini, agli ultimissimi giorni di gravidanza. Lei però ha assicurato che, a meno di rischiare il parto in aula, verrà. Gravidanza difficile anche per la compagna dell’ex ministro Fli Ronchi, Giulia Cosenza, bloccata a letto. Se le due potenziali puerpere mancheranno, i contro si abbasseranno a 315. Ma i pro non aumenterebbero: sempre 311 se ne contano, 312 se Catone dovesse subire ulteriori illuminazioni. Il governo, dunque, prenderebbe la fiducia al Senato ma non alla Camera.
Dicono i tam tam centristi e finiani che al Senato si è prossimi all’accordo con Pisanu, e che alla Camera scalpita il gruppo che fa capo a Scajola: voteranno la fiducia, il 14, ma se mai venisse fuori un nuovo premier (Letta, Tremonti, Pisanu medesimo, che sarebbe l’ipotesi preferita soprattutto da Pisanu) sarebbero pronti a sostenerlo, garantendogli un’ampia maggioranza. Dalla quale starebbe fuori il Pd, pur pronto a dare una mano sottobanco: «Se il candidato fosse un esterno, tipo Monti o Draghi, lo voteremmo. Ma non possiamo permetterci di votare un premier di centrodestra, ci spaccheremmo e Idv e Vendola ci metterebbero sulla graticola», spiega un dirigente. Ma siccome tutti pensano che Letta o Tremonti non si presterebbero mai a farsi candidare senza l’indicazione esplicita del Cavaliere, e che Berlusconi tale indicazione mai la darebbe, resta più probabile l’ipotesi del reincarico al premier. Con che esiti? Fini ripete di esser disposto anche a «fare il kamikaze», pur di togliere di torno Berlusconi. Ma dentro Fli prende peso l’idea che alla fine un Berlusconi-bis potrebbe essere la soluzione più morbida, e soprattutto la più sicura per evitare il voto, su cui Napolitano è stato chiaro con i suoi interlocutori: se non c’è una solida maggioranza alternativa, non potrò che sciogliere le Camere.

«A quel punto, meglio un bis: Berlusconi sarebbe un premier-fantoccio, con un vero ministro degli Esteri a fargli da contraltare; e anche la politica di Tremonti sarebbe bilanciata da noi», spiega un consigliere finiano. E anche Casini, che vede con scarsissimo entusiasmo un’alleanza elettorale con Fli, sarebbe contento: «Un altro annetto di Berlusconi che si logora - ammette un Udc - sarebbe l’ideale, per noi».

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