Per molte aziende, così come per un numero crescente di politici, investire nel neuromarketing è diventato una scelta strategica per ottenere risposte «senza filtri». Il problema è che gli strumenti tradizionali di analisi di mercato (interviste, questionari, focus) così come dei trend politici (sondaggi, exit poll) forniscono risultati filtrati se non proprio condizionati da chi conduce la ricerca. In un focus group, per esempio, può prevalere il desiderio istintivo di essere accettati e per una sorta di conformismo le risposte potrebbero essere distorte per mostrarsi d'accordo con i presenti. In una simulazione di voto, per fare un altro esempio, si può segnare una preferenza che non corrisponde alle reali intenzioni perché non ci si fida della garanzia dell'anonimato.
Con i metodi di indagine tradizionali sembra ormai impossibile rispondere con oggettività e senza interferenze provenienti da altri stimoli, interni o esterni. La sempre più frequente differenza tra sondaggi politici e risultati elettorali si può spiegare anche in questo modo. Inoltre, i metodi tradizionali sembrano non tenere conto della dimensione meno razionale e inconscia del consumatore. Che però è rilevabile con il brainmarketing.
Già nel 2011 Nielsen ha acquistato Neurofocus, multinazionale nordamericana specializzata nell'applicazione delle tecniche neuroscientifiche a pubblicità, confezionamento e costruzione del marchio.
Nel 2015 il colosso delle ricerche di mercato ha acquisito un'altra azienda del settore, la Research Company Innerscope. Dentsu Aegis Network, multinazionale inglese di media e comunicazione digitale, ha inglobato Forbes Consulting Group, azienda che analizza le motivazioni emotive che guidano il comportamento del consumatore.SFil
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