«Prodi finto Robin Hood: punisce chi non lo vota»

Squinzi: «Non mi sembra una Finanziaria orientata allo sviluppo»

Antonio Signorini

da Roma

I piccoli imprenditori «sono arrabbiati». Paolo Galassi lo ripete più volte. E non è pretattica in vista del passaggio parlamentare della Finanziaria 2007. Nella Confapi, l’associazione delle piccole imprese, prevale una sfiducia senza speranza nei confronti del governo. Tira aria di rivolta e non è escluso che la rabbia sfoci in una nuova «marcia dei 40mila». Alle Pmi non va giù lo scippo del Tfr e non serve il taglio del cuneo. Poi il giro di vite fiscale spaventa a tal punto che Galassi si sbilancia: «Berlusconi era un imprenditore, poi un politico. Alla fine è diventato un profeta».
Prego?
«Aveva ragione Berlusconi. Aveva previsto che con questo governo di centrosinistra avremmo avuto solo tasse e così è stato. Io non mi sarei aspettato tanto. Non vedo tagli alle spese. Nulla di significativo nemmeno per il rilancio del Paese. C’è solo un conto da pagare, e naturalmente toccherà alle imprese e al ceto medio. Senza premiare i lavoratori. Una finta politica di Robin Hood che sembra fatta apposta per punire l’altro elettorato. Quelli che non li hanno votati».
Quali sono i capitoli più critici?
«Pensi solo al Tfr che era una riserva dell’azienda e poi, in prospettiva, un’indennità per il lavoratore. Lasciandolo al datore, il lavoratore scommetteva sul suo futuro. Ora invece dovrà darlo all’Inps, come se non fosse in grado di decidere da solo dove investirlo. La verità è che le quote del Tfr serviranno a chiudere i buchi della previdenza italiana, visto che non sono riusciti a mettere in campo una riforma seria delle pensioni. Io avrei capito se avessero destinato queste risorse per rilanciare il Paese, ma non è così».
Il governo dice che la misura per lo sviluppo è il taglio del cuneo fiscale...
«Mi si dice che con quei venti euro che lasceranno ai lavoratori si favoriranno i consumi. Il risultato sarà solo che il lavoratore si comprerà una fetta di prosciutto in più e il resto lo spenderà per comprare telefonini fatti in Corea e televisori cinesi».
E i due terzi di cuneo destinati alle imprese?
«Una barzelletta. Vogliono tagliare i costi per le imprese? Facciano le infrastrutture. Io se mando un camion a Brescia e ci metto quattro ore ad andare e quattro a tornare mi sono già mangiato il vantaggio del cuneo. Senza contare l’aumento delle bollette e dei servizi che si mangia dieci cunei fiscali. O le cose si fanno seriamente o non si fanno».
Lei critica il trasferimento del Tfr all’Inps. Il governo ieri ha detto che il mancato finanziamento per le imprese sarà compensato dal credito che fanno le banche e che, anzi, così è meglio perché gli istituti di credito faranno selezione tra chi si merita i soldi e chi no...
«Certo, facciamo chiudere tutte le imprese. Questo è dirigismo. Loro si stanno appropriando delle banche e poi finirà che saranno sempre loro a giudicare quali imprese devono vivere e quali no. Magari faranno credito solo a chi si unirà alle cooperative. Il fatto è che non vogliono la democrazia, preferiscono un sistema dirigistico».
E le altre misure?
«Mi sono cadute le braccia. Mi sembra che siano ancora sotto elezioni e questo è un sintomo di debolezza del governo. Senza contare che non ci hanno chiamato al tavolo. Non ha idea delle proteste che mi stanno arrivando qui alla Confapi. Stavolta i nostri imprenditori se li ritrovano a Roma a manifestare».
Come la marcia dei 40mila quadri di Torino?
«Esatto.

Solo che questa volta sarebbero piccoli e medi imprenditori. Io continuo a sperare che tolgano il Tfr, che dialoghino. Se non succederà cominceremo a contestare. Io ho i giovani dell’associazione che non ci vogliono più stare a questo gioco al massacro».

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