Antisemita, collaborazionista, malato di mente. Queste sono soltanto alcune tra le molte, superficiali etichette frettolosamente appiccicate a uno dei più importanti poeti del Novecento: Ezra Pound. Autore di un libro monumentale e rimasto incompiuto, i Cantos, che ha l'ambizione di essere il poema epico che mancava all'America, Pound non si è occupato soltanto di poesia, ma anche di storia antica e moderna, cinese e americana, di musica, economia, diritto e molte altre cose, tutte inserite nei Cantos, rendendo effettivamente arduo il tentativo di interpretare correttamente la sua opera.
A mettere un po' d'ordine, anzi, a fare «un po' di luce, come un barlume», ci voleva la passione di un altro poeta, e la sensibilità di chi Pound l'ha conosciuto veramente bene, e non solo perché ha tradotto i Cantos in italiano: si tratta di Alessandro Rivali e Mary de Rachewiltz, autori di una splendida introduzione all'universo poundiano che a giorni sarà in libreria: Ho cercato di scrivere Paradiso. Ezra Pound nelle parole della figlia: conversazioni con Mary de Rachewiltz (Mondadori pagg. 264, euro 19).
Parliamo di due autori, entrambi poeti, anche se formalmente l'autore è uno solo, Alessandro Rivali, classe 1977, che dieci anni fa ebbe l'idea di cominciare una lunga serie di visite al castello di Brunnenburg (Castel Fontana), nel comune di Tirolo, dove da più di mezzo secolo risiede Mary, la figlia di Ezra Pound e della violinista Olga Rudge, che nel 1946 aveva sposato l'egittologo Boris de Rachewiltz e che da allora è custode della memoria e traduttrice dell'opera del padre. Dalla risoluta tenacia di Rivali e dalla squisita gentilezza della sua ospite è nato uno dei più bei libri su Pound mai pubblicati: solidamente scientifico ma non pedantemente accademico, che tocca tutti gli argomenti principali della vita e dell'opera di Pound, approfondendone le idee insieme alle sue vicende personali.
Mary ci parla, innanzitutto, dell'importanza della Storia, che per Pound «ha un ruolo assolutamente essenziale. Senza Storia, non ci può essere epica e Pound cercava l'epica. Quando abbandonò la poesia lirica per l'epica sapeva che avrebbe dovuto fare i conti con la Storia. Era così anche per Dante. Si può capire ben poco della Divina Commedia se non si conosce la Storia, le figure dei papi e degli imperatori. In aggiunta, per Pound non era possibile comprendere la Storia senza capire l'economia».
Economia che fu la condanna per Pound, grazie a dei radiodiscorsi in sostegno all'Italia di Mussolini trasmessi durante la guerra che gli costarono l'accusa di collaborazionismo, anche se mai Pound incitò al tradimento o alla diserzione. Ben più importante era denunciare la speculazione, come noi, oggi, purtroppo sappiamo bene: «Sì conferma la figlia - Pound fu profeta in campo economico. Si era reso conto di come il sistema fosse sbagliato, di quanto grave fosse il fenomeno della speculazione. Nei luoghi più terribili del suo Inferno sono confinati gli usurai. Si era accorto che al sistema non importava più il destino del singolo; lui invece voleva che l'economia tornasse a occuparsi della persona».
Da poeta, Rivali porta spesso il discorso sulla poesia, e sull'indiscutibile difficoltà dei Cantos, difficoltà ben presente anche alla stessa traduttrice: «La poesia non deve essere sempre razionale. Come ricorda Dante: Transumanar significar per verba non si poria. Per comprendere la poesia ci vuole tempo. Io stessa, a volte, quanto leggo un verso di Pound magari non lo capisco, rimango spiazzata; ma un'altra volta quel verso mi comunica qualcosa di importante». Molto spazio è dedicato anche all'uomo Pound, che Mary descrive così: «Alcune volte sbottava, era impaziente, non tollerava la sciatteria, ma uno dei suoi tratti dominanti era il grande sense of humour. Era una persona profondamente allegra, con una sensibilità estrema».
La sua allegria non venne cancellata neppure dall'accusa di tradimento che, senza processo, lo privò della personalità giuridica e lo fece internare per una dozzina d'anni in manicomio, dove Pound fu trattato duramente. «Prima del manicomio lo rinchiusero in una specie di buco d'inferno, una vera fossa dei serpenti. In manicomio fu messo in una stanza comune, poi gli diedero uno spazio con le dimensioni di uno sgabuzzino. Già quando avevo incontrato Eliot a Londra mi disse che sarebbe stato impossibile far uscire Pound dal manicomio, perché non avrebbe mai accettato la qualifica di traditore né di pazzo. Pound avrebbe voluto uscire alle sue condizioni. A un certo punto mio padre smise di interessarsi della questione, perché gli interessava solo terminare i Cantos».
Si può, quindi capire, a questo punto, perché gli americani lo abbiano considerato pazzo davvero, per rifiutare qualsiasi compromesso con la sua coscienza.
Ma Pound si considerava un sincero patriota, che aveva avuto il coraggio, o, appunto, la pazzia, di scagliarsi contro la feroce guerra scatenata dagli «usurai», speculatori che non hanno una razza, ma solo appetiti voraci.
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