Profumo: «Riformare la vigilanza»

Marcello Zacché

da Trieste
Per la vigilanza delle banche è necessario «trasferire la responsabilità a livello comunitario secondo un modello unificato» ed è da «preferire un'architettura di tipo federale». Lo sostiene Alessandro Profumo, numero uno di Unicredit, che ora, conclusa l'aggregazione con il gruppo tedesco Hvb, parla da banchiere europeo, e a ragion veduta: «Credo che l'operazione che abbiamo realizzato costituisca anche un esempio per il resto del mercato». Per questo, ieri a Trieste, la lectio magistralis preparata per la Laurea honoris causa consegnatagli dalla scuola di management del Mib è stata sui «sistemi di vigilanza prudenziale nel mercato europeo». Profumo è stato premiato, ha detto il presidente del Mib, Enrico Tomaso Cucchiani, proprio perché «mentre altri banchieri cercavano protezioni poco consone al mercato, è stato capace di valicare le Alpi per conquistare Hvb».
E l'ad di Unicredito ha colto l'occasione per svelare due o tre problemini che si è trovato di fronte. Come quello di compilare 22 prospetti in altrettante lingue: una per ogni Paese dove c'era una controllata. Perché il problema di una vigilanza non unitaria è anche quello di dover rispondere a tutte le singole autorità. Un punto che va affrontato, ha detto Profumo, perché anche da questo (benché non solo) dipende il grado di integrazione del mercato. E quindi, a cascata, una maggiore concorrenza e benefici «in tutti i settori dell'economia». Oggi, specie nei servizi bancari, gli ostacoli non mancano: la quota di impieghi erogati da banche straniere nell'area euro è ferma al 3,5%.
Gli ostacoli dovuti alla frammentazione della vigilanza sono di quattro tipi: troppi standard e procedure, «con molte duplicazioni di controlli»; troppo diversi i trattamenti regolamentari pur sugli stessi mercati: per cui «Ing può proporre il conto arancio in Italia» (permesso dall'autorità olandese), «ma Unicredito no» (per più severe norme sulla destinazione della raccolta a breve); il terzo elemento riguarda le distorsioni indotte sulle scelte organizzative; il quarto è la poca coerenza tra obiettivi di stabilità finanziaria e realtà dei diversi mercati.

Quali le soluzioni? «Un’architettura federale in cui le autorità nazionali abbiano un ruolo importante come veicoli di informazioni e decisioni». Si può anche pensare che a fare i controlli sia l'autorità del Paese dove opera la capogruppo. Comunque sarà necessario «un intervento legislativo e quindi il raggiungimento di un consenso politico», chiosa Profumo.

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