IL PUNTO DI NON RITORNO

Adesso che il passo è compiuto, da entrambe le parti, bisognerebbe avere la forza di resistere alle tentazioni. Sono ore difficili in questo senso, perché da una parte c’è la prospettiva di una politica davvero nuova, che seppellisca per sempre gli scontri ideologici del Novecento e l’antiberlusconismo cieco degli ultimi decenni. E dall’altra c’è il richiamo della foresta, che pur essendo buia, affascina. Anzi, forse affascina proprio perché è buia.
La prima tentazione è quella di nuotare controcorrente per affermare il proprio simbolo, quando tutti gli altri ci rinunciano. È chiaro che le scelte coraggiose di questi giorni (del Pd da una parte, di Forza Italia e An dall’altra) lasciano spazio a chi cerca un po’ di visibilità a destra, a sinistra o al centro, o anche un po’ dappertutto. Ma l’ambizione di farsi un partitino, anche se poggia su solidi valori, antiche tradizioni o nuovi slanci emotivi, rischia di essere deleteria: gli italiani vogliono la semplificazione della politica. E sapranno punire col voto chi vi si oppone.
La seconda tentazione è quella di ricadere nel gioco dell’insulto e della delegittimazione reciproca. Ieri mentre Berlusconi dava atto pubblicamente del coraggio del Pd, D’Alema parlando all’Unità definiva il Popolo della libertà come un «guazzabuglio». Il giorno prima Veltroni l’aveva definita un’operazione di maquillage. E il suo vice Franceschini ha liquidato il tutto con il solito snobismo: «Da 14 anni Berlusconi dice le stesse cose».
Noi pensiamo invece che quello che è successo in questi giorni non sia «le stesse cose». Al contrario: pur sapendo che entrambi i leader non sono davvero nuovi (basti pensare che il più giovane dei due ha 50 anni e fa politica dal 1975), siamo convinti che possano dare inizio a una stagione davvero nuova per il nostro Paese. Una stagione che nell’editoriale di ieri abbiamo osato chiamare la terza Repubblica. La prima Repubblica era fondata sul Cln e sul fattore K, sull’antifascismo e sul rischio del comunismo; la seconda si è formata sulle macerie giudiziarie di Tangentopoli nutrendosi fin troppo di anti-berlusconismo; la terza forse potrebbe farci diventare un Paese normale dove due forze, entrambe legittimate a governare, si contrappongono lealmente alle elezioni sulla base di programmi diversi. Chi vince prova a realizzarli, più o meno come accade nel resto del mondo.
Vi sembra un sogno? Forse un po’ lo è. Ma è il nostro sogno. Nelle ultime pagine oggi pubblichiamo la lettera di un lettore, 35 anni, che si definisce della generazione «esenti dal ’68». Scrive di essere «ubriaco» per i «fatti rivoluzionari di questi giorni».

E si dice convinto che da questo momento, per merito di Veltroni e di Berlusconi, cominci una stagione nuova, quella di una politica che rifiuti le «astruse costruzioni» e agisca finalmente «per» un obiettivo e non «contro». È l’entusiasmo che oggi provano molti italiani, da una parte e dall’altra. Che nessuno osi ucciderlo in culla.

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