Al Qaida lancia i kamikaze contro l’Etiopia

La Somalia come campo di battaglia della guerra santa internazionale è l’auspicio di Ayman al Zawahiri, il numero due di Al Qaida, che invita i mujaheddin a trasformare il Corno d’Africa nel nuovo Irak o Afghanistan. «Dovete tendere agguati, organizzare attacchi, spedizioni ed operazioni suicide» è l’esplicito messaggio contenuto in cinque minuti di registrazione audio apparsa su internet. Questa volta il medico egiziano ha parlato meno del solito, ma sempre sui siti legati al fondamentalismo, grazie alla casa di produzione Al Sahah, il marchio mediatico di Al Qaida.
«Come è accaduto in Afghanistan e in Irak, dove è stata sconfitta la più grande potenza al mondo dinnanzi alle attività di guerriglia dei mujaheddin che si dirigevano verso il paradiso, così i loro servi saranno sconfitti nella terra musulmana somala, se Allah vorrà» ha sentenziato il braccio destro di Osama bin Laden, che sta emergendo come il vero capo delle rete del terrore. Al Zawahiri si scaglia contro gli etiopi che hanno inviato truppe in Somalia per spazzare via le corti islamiche e se la prende, come fa sempre più spesso, con le Nazioni Unite. «Invito la nazione islamica in Somalia a rendere stabile questo nuovo campo di battaglia della guerra crociata, che ha scatenato l'America con i suoi alleati e con l'Onu contro l'Islam e i musulmani. Si tratta della stessa Onu che ha diviso la Palestina e fornito una copertura legale dell'invasione all'Irak e all'Afghanistan» sostiene il medico del terrore. Il titolo del messaggio, rivolto a tutti gli jiahdisti è emblematico: «Sostenete i vostri fratelli in Somalia», ovvero i resti delle corti islamiche.
«Esorto i fratelli musulmani ovunque nel mondo ad accogliere l'invito al Jihad in Somalia, esorto i leoni dell'Islam del saggio Yemen, esorto i leoni dell'Islam della penisola araba e i miei fratelli leoni dell'Islam in Egitto, in Sudan e nel Maghreb arabo ad aiutare i vostri fratelli in Somalia con lo spirito e con i soldi» dice Al Zawahiri con il chiaro obiettivo di espandere il fronte del conflitto ed attirare combattenti freschi. Gli odiati «crociati», ovvero gli etiopi, che in realtà vorrebbero ritirarsi il prima possibile, lasciando il posto ad una forza di pace africana, finiranno male nelle deliranti previsioni di Al Zawahiri. «Fratelli musulmani in Somalia, le forze americane non avranno la meglio, le avete già sconfitte in passato con l'aiuto di Allah e oggi sono più deboli di prima ­ ribadisce il braccio destro di Bin Laden -. I mujaheddin hanno già colpito la sua schiena in Afghanistan e Irak. Vi immolerete sulla via di Allah contro l'esercito etiope, crociato e invasore che ha attaccato la terra dell'Islam».
In realtà le corti islamiche sono militarmente sconfitte ed i resti dei fondamentalisti, con uno scodazzo di jihadisti stranieri, si sono asserragliati nel sud del Paese al confine con il Kenya. Le truppe somale ed etiopi si stanno preparando a lanciare l’ultima offensiva per annientare chi non si arrende. I capi delle corti, come il falco Hassan Dahir Aweys e anche l’elemento più moderato, Ahmed Sharif si trovano nella zona di Khuda, a ridosso del confine con il Kenya. La gente del luogo chiama quest’area «mare nero», a causa della fama sinistra e della fitta vegetazione. Assieme ai capi sarebbe rimasto un nocciolo duro di 600 miliziani, pronti a morire. Due giorni fa era stata offerta loro la resa, ma hanno rifiutato. Gli jihadisti si sono arroccati anche sul promontorio di Ras Camboni, dove sorgeva un’ex base della marina somala ai tempi del dittatore Siad Barre. «Hanno scavato profonde trincee attorno a Ras Camboni, ma le loro uniche possibilità sono annegare in mare o combattere e morire» ha detto ieri il ministro della Difesa somalo Barre Aden Shire. Il ministro ha annunciato che è stata già lanciata una «grande offensiva contro le milizie delle corti. Useremo truppe di terra e jet da combattimento». I caccia bombardieri sono Mig etiopi, che grazie all’aiuto americano colpiscono con precisione gli obiettivi. Gli etiopi sperano di risolvere il problema in due settimane per poi ritirarsi, come ha annunciato alla televisione Al Jazeera il primo ministro di Addis Ababa, Meles Zenawi. La speranza è che al loro posto arrivi un contingente di pace dell’Unione Africana di 8mila uomini.
Ieri a Nairobi si è svolto l’incontro fra il Gruppo di contatto per la Somalia, di cui fanno parte anche gli Usa e l’Italia, con il presidente transitorio somalo Abdullahi Yusuf.

Nel comunicato finale si ribadisce la necessità dell’intervento celere di una forza di pace africana, Yusuf si impegna a fermare il ritorno dei signori della guerra e a rispettare la riconciliazione nazionale con i rappresentanti dei clan, della società civile e religiosi.

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