Il quadrilatero islamico che spaventa l’Emilia

Gli abitanti esasperati: come si fa a non avere paura? Ce ne saranno anche di bravi, ma ormai non possiamo più vivere tranquilli

Gabriele Villa

nostro inviato a Carpi (Modena)

C'è la festa delle castagne su a Riccò. E Germano, Germano Zanetti, 76 anni, lettore dal primo numero del Giornale, non la vuole perdere. Anche se oggi è il suo anniversario di nozze. Anche se, per i tornanti che portano a Serramazzoni, verso il Cimone, c'è la nebbietta, come la chiama lui. Nuvole basse che avvolgono d'ovatta anche i fantasmi della paura. Già, la paura. «Come si fa - sibila Germano roteando il dito - a non aver paura di quella gente lì? Ce ne saranno anche di bravi, ma io non sto tranquillo. Non sto più tranquillo, e così ogni scusa è buona per andar via da Carpi. Anche la festa delle castagne, anche se sono le mie nozze d'oro».
L'ultima scusa per scappar via a Germano l’ha fornita un paio di giorni fa la Guardia di finanza. Passerà alla storia come operazione «Khyber pass». Obiettivo, puntualmente centrato, quello di sgominare una rete internazionale dedita allo spaccio di droga. Bilancio: sette narcotrafficanti arrestati, di cui cinque a Carpi. Riecco il quadrilatero islamico, riecco alla ribalta la grande, unica casbah che, come nei giochi della Settimana Enigmistica, unisce i puntini della carta geografica dell'Emilia Romagna: Reggio, Sassuolo, Modena e Carpi.
Solo che questa volta tutto sembra più pesante: l'operazione «Khyber pass» sarebbe infatti collegata al finanziamento della moschea di Carpi e a Carpi avrebbe avuto sede la filiale italiana di quella che gli inquirenti considerano una vera e propria rete bancaria illecita, gestita da pachistani e ramificata in tutto il mondo. In grado di trasferire enormi flussi di denaro, dai due ai quattro milioni di dollari al giorno, in ogni luogo del pianeta. Gli inquirenti l'hanno definita una «filiera bancaria islamica», ipotizzando che a controllare le somme sarebbero stati fedeli di gruppi radicali islamici. Mentre a tirar le fila sarebbe stato Ahmed Pervaz, pachistano, 36 anni, primo degli arrestati. Qui a Carpi l'uomo gestiva un negozio di barberia usandolo, a quanto pare, come copertura per incontri e transazioni di denaro. Tanto che nell'armadietto dove di solito stanno shampoo e lozioni sono stati sequestrati una macchina contasoldi e 22mila euro in contanti. Non è tutto. Per quelle strane coincidenze della vita, il giovane pachistano finito in manette, sembra legato a filo doppio a una associazione culturale locale di ispirazione sciita, che nel 2002 fu indagata perché ritenuta legata ad Al Qaida.
Ma quando è troppo è troppo. Tuona la coordinatrice regionale di Forza Italia, Isabella Bertolini, che, in un'interrogazione parlamentare al ministro dell'Interno, chiede di sapere «se non intenda intervenire, per fare luce sul preoccupante insediamento, in Emilia Romagna, di cellule criminali presumibilmente collegate al movimento integralista islamico e se il governo intende assumere iniziative, per controllare e verificare che le numerose attività commerciali, presenti sul territorio dell'Emilia-Romagna e gestite da cittadini extracomunitari, non celino funzioni e obbiettivi diversi da quelli per cui sono state aperte». «Abbiamo il diritto di sapere - aggiunge la Bertolini - se, come emergerebbe dall'indagine della Guardia di finanza, i proventi dello spaccio della droga sarebbero serviti per finanziare una moschea a Carpi in provincia di Modena». Per tutta risposta la comunità musulmana ha presentato il progetto per realizzare una nuova moschea a Modena.
«Il progetto - si legge in una nota dell'amministrazione comunale - è realizzato da architetti modenesi e tiene conto delle diverse culture e identità islamiche presenti nella nostra città; è inoltre accompagnato da un piano di autofinanziamento».
Resta il fatto che un'altra moschea non sembrava tra le esigenze prioritarie della gente di Modena, visto che in città sono già due i luoghi di culto islamico: la moschea del Misericordioso in via delle Suore 213 e la moschea turca di via Munari 9. Alza la voce la Lega con il consigliere regionale Mauro Manfredini: «Il buonismo della sinistra tende a sminuire i legami diretti tra i musulmani che vivono in Italia e il terrorismo internazionale. Non possiamo più permettere che la nostra sicurezza venga minata. Perciò chiediamo che venga fatta chiarezza e, nel caso in cui venisse confermata la via del terrorismo, che gli enti preposti prendano seri provvedimenti su tutto il territorio modenese». E Forza Italia, col consigliere regionale Andrea Leoni, calca la mano: «Il progetto di costruzione di una terza moschea a Modena non può non destare legittimi dubbi e interrogativi, nonostante l'entusiastica volontà del sindaco diessino di Modena di farla costruire. Non si possono chiudere gli occhi. Anzi, diventa sempre più importante esercitare da parte degli amministratori pubblici, forme di controllo su questi luoghi, soprattutto per evitare che possano essere utilizzati con finalità diverse da quelle per cui vengono realizzati, visto che di fatto non servono per integrare realmente gli immigrati musulmani nella nostra società. Insomma, non si può far finta di niente, ben sapendo che una scelta errata della zona dove potrebbe sorgere la moschea - sottolinea Leoni - rischia di essere un forte motivo di contrapposizione e rifiuto da parte dei residenti non musulmani».
Una trentina di chilometri ed eccoci a Sassuolo, nella casbah del quartiere Braida dove la situazione è rimasta esattamente quella che abbiamo trovato in marzo, dopo il tanto criminalizzato pestaggio dei carabinieri di un clandestino ubriaco e molesto, ripreso col telefonino da un altro immigrato.
La realtà continua a superare di gran lunga l'immaginazione. E Braida è sempre più un girone dantesco, una sequela di Marrakech phone, Ghana enterprise, Zyta macelleria. Una parabola per ogni balcone. Che insieme fanno cento, mille parabole. Che seguono e inseguono i segnali di Al Jazeera e Al Arabya. E dentro l'appartamento, dietro a quelle parabole, dieci-quindici persone, pigiate dentro gli alveari che un tempo erano il punto d'arrivo degli immigrati del Sud. Così, su quarantaduemila abitanti, quattromila sono gli immigrati arabi in regola, ma almeno due-tremila i clandestini. «E a Reggio? Mica vogliamo essere da meno noi di Reggio. Si guardi attorno - sbotta il consigliere comunale leghista Gabriele Fossa -, non siamo nemmeno più padroni in casa nostra. Sarà perché abbiamo il primato di aver ospitato l'unica manifestazione di protesta in Italia per il caso dei giornali scandinavi che pubblicarono le vignette satiriche sull'Islam». Tutto vero. Sono sfilati in duemila a febbraio.

Urlando «Allah è il più grande» con l'imam Hamam Mahamad che nel comizio di piazza Libertà lanciò un appello al sindaco «per una legge internazionale che punisca la profanazione di ogni religione». E pensare che, fino a poco tempo fa, l'unica vera «Casbah» dell'Emilia era la discoteca di Lido delle Nazioni.

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