Quando la Francia di Mitterrand si arrese alle minacce iraniane

Parigi espulse il capo degli antikhomeinisti e graziò i killer dell’ex premier dello scià

Pierluca Pucci Poppi

Dopo alcuni accenni degli ayatollah alla responsabilità dei gollisti nel blocco dei negoziati per la liberazione degli ostaggi francesi in Libano nell'86 (secondo Attali, Chirac era «pazzo di rabbia»), la situazione inizia a risolversi in novembre: due ostaggi vengono rilasciati a Beirut nell'albergo Summerland, dove è in corso una mostra dell'industria e dell'artigianato iraniani, e Chirac, accogliendoli all'aeroporto di Orly, dichiara che «questa liberazione (...) ci fa progredire naturalmente verso un regolamento dei contenziosi che abbiamo con l'Iran». Due giorni dopo, Wahid Gordji lascia l'ambasciata d'Iran, dove si era rifugiato dall'inizio dell'affaire, e si reca al palazzo di giustizia dove viene ascoltato dal giudice Boulouque che, secondo le istruzioni del governo, decide che non vi sono «elementi per un'incriminazione».
Il 30 novembre Wahid Gordji viene scambiato con il diplomatico francese Paul Torri nell'aeroporto pachistano di Karachi. Pochi giorni dopo, la Francia versa una seconda tranche di 330 milioni di dollari alla repubblica islamica dell'Iran. Il 13 dicembre del 1990, il giudice Boulouque si ucciderà con un colpo di pistola alla testa. Dopo la fine della questione Gordji, gli iraniani aspettano le elezioni presidenziali francesi, che si svolgono cinque mesi dopo: il loro favorito, Jacques Chirac, gollista antiamericano e antiisraeliano, passa al secondo turno contro Mitterrand ma non ottiene che un misero 19,94%, rispetto al 34,09% del presidente in carica. Durante il dibattito televisivo fra i due candidati, dopo le accuse di Chirac a Mitterrand sulla liberazione dei terroristi di Action Directe nel 1981, il presidente socialista contrattacca: «Sono obbligato a dire che mi ricordo le condizioni in cui avete rimandato in Iran il signor Gordji, dopo avermi spiegato, nel mio ufficio, che il suo dossier era schiacciante e che la sua complicità era dimostrata negli assassinii che avevano insanguinato Parigi alla fine del 1986. Ecco perché trovo indegno di voi l'insieme di queste insinuazioni». Chirac prova a reagire, ma la botta è notevole: secondo la quasi totalità dei commentatori, il primo ministro perde il duello televisivo. Il 5 maggio, tre giorni prima del secondo turno delle elezioni che decideranno chi sarà il presidente della Francia, gli ultimi ostaggi francesi vengono liberati. Quando Mitterrand apprende, con qualche ora d'anticipo, dal siriano Assad la liberazione degli ostaggi, il perfetto tempismo del rilascio fra i due turni dell'elezione lo fa infuriare in presenza di Jacques Attali: «I francesi sono adulti. Sanno bene che tutto questo è manipolato. Non sposterà un voto. Che cosa hanno promesso all'Iran per avere questo?».
Chirac accoglie gli ostaggi all'aeroporto di Orly e ringrazia Teheran, con cui si può ora prevedere «il ristabilimento di relazioni normali». Qualche ora dopo, il governo iraniano apprezza ufficialmente «l'attitudine positiva» della Francia verso la repubblica islamica e «l'evoluzione intervenuta fra i due Paesi dalla nomina del signor Chirac». Il giorno dopo, l'Agence France Presse pubblica i termini di un accordo segreto che prevede la normalizzazione delle relazioni fra i due Paesi entro quaranta giorni dalla liberazione degli ostaggi (il che accadrà puntualmente) e «conversazioni fra Eurodif e l'Organizzazione iraniana per l'energia atomica», oltre a una proposta di Parigi a Teheran di «esaminare una partecipazione diretta dell'Iran al capitale di Eurodif» e di fornire all'Iran uranio arricchito «senza restrizioni».
L'8 maggio 1988 François Mitterrand viene rieletto presidente della repubblica francese con il 54,02% dei voti, contro il 45,98 a Jacques Chirac, a cui non è servita la liberazione degli ultimi ostaggi. Solo nel gennaio 2002 il ministro degli Interni di Chirac dell'epoca, Charles Pasqua, ammetterà che la questione degli ostaggi ha implicato «un negoziato da Stato a Stato, nell'occorrenza tra la Francia e l'Iran» e che «il problema che dovevano regolare» i due Paesi «era il contenzioso Eurodif».
Dal 1985 al 1988, è in corso una guerra sotterranea fra l'Iran e la Francia: gruppi terroristici legati a Teheran rapiscono francesi in Libano e compiono attentati a Parigi per ottenere il regolamento del contenzioso Eurodif, dal nome del consorzio di arricchimento dell'uranio a guida francese a cui l'Iran doveva accedere, secondo un accordo del '74, firmato a Teheran fra il governo dello scià e l'allora primo ministro di Francia, Jacques Chirac. Il prestito di un miliardo di dollari accordato a Parigi dallo scià doveva permettere all'Iran di entrare nel consorzio Eurodif e, conseguentemente, di prelevare enormi quantità di uranio arricchito. La rivoluzione islamica del '79 congela la questione, ma gli iraniani, che continuano a pretendere l'uranio arricchito promesso dai francesi, fanno pressione su Parigi tramite gruppi terroristici da loro controllati, in Libano e in Francia. Il fermo di un diplomatico francese a Teheran, come rappresaglia per l'incriminazione di un diplomatico iraniano a Parigi per gli attentati dell'86, induce l'Eliseo a rompere le relazioni diplomatiche con l'Iran.
Dopo aver vinto le elezioni l'8 maggio 1988 contro il suo sfidante gollista Chirac, più propenso a venire a patti con gli ayatollah, Mitterrand riallaccia le relazioni diplomatiche fra la Francia e l'Iran il 16 giugno, come previsto da un accordo segreto pubblicato dall'Afp pochi giorni prima, che rivelava inoltre una proposta francese di fornire uranio arricchito all'Iran «senza restrizioni». All'inizio dell'89 Mitterrand manda il suo ministro degli Esteri, Roland Dumas, a Teheran, durante i festeggiamenti per il decimo anniversario della repubblica islamica, e incarica il diplomatico François Scheer di negoziare con gli iraniani. Poi, alla fine di luglio del 1990, concede la grazia presidenziale al commando, incarcerato in Francia, che aveva tentato di assassinare Shapur Bakhtiar, l'ultimo primo ministro dello scià, rifugiatosi a Parigi dopo la rivoluzione islamica.
Quasi tutte le richieste dell'Iran alla Francia, tramite terroristi interposti, sono state esaudite: Massud Radjavi, il capo dei Mujaheddin antikhomeinisti, è stato espulso dal suolo francese; il commando che aveva cercato di uccidere Bakhtiar è libero; le vendite francesi di armi all'Irak non hanno più importanza, dato che la guerra è finita nell'88. Rimane sul tappeto la questione principale: Eurodif e l'uranio arricchito.
Il 5 maggio 1991 Roland Dumas e il suo omologo iraniano Ali Akbar Velayati dichiarano di aver raggiunto «un accordo di principio» sul dossier Eurodif. Singolarmente, i termini dell'intesa non vengono rivelati ma, secondo Velayati, rimane un solo punto da risolvere. Secondo alcuni giornali si tratta della fornitura di uranio arricchito all'Iran e una fonte governativa ammette che «la questione delle forniture» di uranio è stata discussa. Contrariamente alle ottimistiche previsioni dei francesi, l'accordo non viene firmato nel giro di due settimane: le cose vanno per le lunghe perché gli iraniani chiedono l'uranio e i francesi si rifiutano di fornirlo.

All'inizio di luglio, il ministro Velayati, in visita a Parigi, chiede che il suo Paese possa prelevare uranio arricchito nel quadro della sua partecipazione a Eurodif e, pochi giorni dopo, il presidente iraniano Rafsanjani critica la Francia perché non ha fornito uranio arricchito all'Iran.
(4. Continua)

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