Quando Londra «spigolava» su Sapri

Carlo Pisacane morì a Sanza, in provincia di Salerno, il 2 luglio 1857. Il suo corpo non fu mai trovato, bruciò con quelli degli sfortunati compagni sul rogo appiccato dalla popolazione impaurita e inferocita. Sulla spedizione di Sapri, sugli errori di valutazione e di preparazione come sugli errori tattici compiuti dai Trecento e dal loro capo al momento dello sbarco, è stato scritto molto. Già dopo pochi giorni, il fallito tentativo insurrezionale contro il regno di Ferdinando II di Borbone e l’eccidio che ne conseguì furono ampiamente descritti e commentati sui giornali italiani ed europei.
Ora Alfonso Monaco, editore di Padula (dove avvenne il primo, sanguinoso scontro) e il pubblicista (di Sapri) Tonino Luppino hanno scoperto negli archivi londinesi, tramite l’amico inglese John Shepherd, che già undici giorni dopo il drammatico epilogo, la spedizione di Sapri veniva descritta e commentata con ampio risalto sui giornali inglesi, addirittura sul Times di Londra del 13 luglio, in prima e seconda edizione. I resoconti inviati dai corrispondenti inglesi, sono tempestivi e precisi, ottimo esempio di giornalismo molto ben documentato. Appare chiaro, dal tono dei servizi, la simpatia inglese per i rivoluzionari la cui attività non faceva che venire in appoggio alle mire antiborboniche dell’Inghilterra.
Curiosamente, la Gran Bretagna era stata anche il primo rifugio di Carlo, in fuga da Napoli dieci anni prima, non per ragioni politiche bensì sentimentali. Ai primi di febbraio del 1847, l’allora ufficiale dell’esercito napoletano si era infatti imbarcato su un postale francese, con la compagna Enrichetta di Lorenzo. La coppia viaggiava sotto falso nome e con passaporto falso: Enrichetta era infatti sposata e madre. Arrivarono a Londra il 4 marzo, il 28 aprile furono arrestati per adulterio e documenti falsi, ma dopo pochi giorni rimessi in libertà. Fu a Londra che, frequentando gli esuli italiani, «l’irregolare» Carlo Pisacane avvertì i primi fremiti rivoluzionari.
Il tono dei giornali britannici è interessante perché la simpatia di fondo non nasconde una certa distanza, addirittura un atteggiamento apertamente critico nei confronti dell’azione di Pisacane e dei suoi. Scrive infatti The Times: «Il sacrificio degli uomini che si sono uniti alla spedizione calabrese, sembra sia stato completo e quelli che non sono caduti in battaglia dovranno certamente, come i loro compagni di Genova e Livorno \ sopportare fra breve le conseguenze della loro avventatezza e credulità. Ci sono persone che non imparano mai dall’esperienza né dagli insuccessi, anche i più gravi e in questa categoria bisogna includere molti di coloro che contribuirono all’estremo sacrificio dell’idolo della Rivoluzione».
È chiara l’allusione critica a Mazzini sul quale il Times si esprime con aperta severità anche in un altro passo: «Gli attacchi simultanei in Toscana e in Calabria dimostrano la vastità del piano mazziniano.

E il metodo per realizzarlo, senza rischiare di persona ma inviando i suoi fedelissimi a morte sicura, dimostra anche quanto sia grande l’opinione che il signor Mazzini ha di sé e della propria posizione e quanto si aspetti dalle proprie capacità \ una volta che le teste dei suoi amici siano state staccate dal corpo». Pietà per i caduti, dissenso nei confronti dell’ispiratore. Decisamente Mazzini non stava simpatico a tutti.

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