Vuoi uscire dal carcere? Non è difficile con in tasca una diagnosi di psicosi primaria paranoica. Anche se sei perfettamente sano. Cose da pazzi. Perché certo non è normale che su tutti (tutti) i capi Clan della camorra o anche gli affiliati di secondo livello fiocchino diagnosi di ogni genere: psicosi primaria paranoica in soggetto con epilessia psichica; sviluppo paranoicale in personalità fanatica; sindrome ansioso depressiva di grado lieve con tratti di personalità antisociale. Sono veramente tutti matti o piuttosto una banda di pazzi intelligenti che con la carta del matto in tasca soggiornano in case di cura convenzionate impreziosite da televisori al plasma, idromassaggi e cene prelibate? È per la seconda ipotesi Corrado De Rosa,psichiatra napoletano che oltre a insegnare al Dipartimento di Psichiatria dell’univeristà partenopea, lavora come perito del tribunale nei processi alla camorra.
In un libro choc appena uscito per Castelvecchi Editore, I medici della camorra , lo psichiatra fa luce ora su un fenomeno «tanto diffuso quanto spesso sottaciuto »: diagnosi inesatte o contraffatte restituiscono privilegi insperati, compresa la libertà, a delinquenti senza scrupolo.
La malattia mentale sembra far comodo alla camorra. La sua storia è piena di boss che utilizzano la follia per ottenere benefici di giustizia, spesso riuscendoci. E racconta De Rosa le storie di capi e affiliati che usano a proprio favore le perizie psichiatriche, che dimostrano di conoscere i sintomi della follia e le regole del processo penale meglio degli psichiatri. C’è chi si finge cieco, chi anoressico, chi matto e, scarcerati per motivi di salute, dopo poche ore tornano a delinquere.
Il boss anoressico Prendiamo uno come Nunzio De Falco, boss dei Casalesi, soprannominato «O’ lupo» per via di quella inconfondibile faccia da licantropo. Chi l’avrebbe mai detto che soffrisse nientemeno che di anoressia. Una malattia che colpisce quasi sempre donne, e in età giovanile. Ma è tutto scritto nero su bianco, in una delle perizie che decreta l’incompatibilità del De Falco con il regime carcerario. Peccato che, in questo caso, il rapido dimagrimento sia dovuto a un potente farmaco, la fendimetrazina, capace di bloccare l’appetito anche nella più famelica delle belve.
Grave disturbo dell’umore In carcere con l’accusa di associazione camorristica Ettore Russo dimagrisce trenta chili. Viene dichiarata l’icompatibilità con il regime carcerario e trasferito nella clinica Alma Mater «perché soffre - dice la perizia - di un grave disturbo dell’umore». Si presenta ai processi in barella sostenendo di non essere in grado di camminare. Un handicap che non gli impedisce nottetempo di uscire indisturbato, ammazzare un affiliato del clan Gionta di Torre Annunziata e ritornare in clinica.
E ancora Filippo Veneruso sulle spalle un eragastolo: «Nonostante gli vengano certificate dal medico curante insonnie gravissime la polizia penitenziaria e i suoi compagni di cella riferiscono che dorme in maniera regolare, è poco curato nel portare barba e capelli, ma le sue mani e i suoi piedi suno curatissimi (il che stride con le patologie psicotiche comuni). Durante i colloqui con i magistrati è logorroico, delira, ma subito dopo viene sorpreso dai sanitari mentre fuma tranquillo a letto».
Il vegetale tifoso Si chiama Carlo Montella, la sua è una prestazione super.
Non solo perché considerato uno dei vertici della camorra salernitana, ma soprattutto perché grazie ad un incidente stradale che «Non ha coinvolto le strutture del sistema nervoso centrale, è sottoposto a moltissime valutazioni peritali da psichiatri e neurologi che che di volta in volta gli diagnosticano una totale perdita della memoria con deterioramento diffuso delle sue funzioni psichiche più importanti ». Grazie a questa condizione (si presentava ai colloqui poco più che un vegetale), ha rallentato di anni il suo iter processuale e goduto dei benefici delle case di cura private. A scoprire il trucco un’intercettazione nella quale il nostro vegetale scherzava con i nipoti, dava istruzioni alla badante della madre e scommetteva sulle partite di calcio dei mondiali.
In carcere a studiare psichiatria
C’è da restare basiti a leggere che personaggi come «o Cecato, ’o Barbiere, ’o Malommo, ’o Fuggiasco», capaci di alternare efferati omicidi a misteriose latitanze, quando sono in carcere si studiano a memoria i manuali di psichiatria. E sono soprattutto abilissimi nel recitare le parti insegnate loro dai periti di parte. «Psichiatri esperti, quanto - se non di più - dei loro colleghi periti d’ufficio, che per 387,86 euro devono valutare la compatibilità carceraria di un capo Clan- scrive De Rosa - .
Perché naturalmente l’inganno, per riuscire in pieno, ha bisogno di complici eccellenti. Medici che spieghino a boss e malavitosi non solo a indurre un grave deperimento organico, ma anche come simulare una malattia mentale che non c’è».Del resto quella che è follia per molti, per altri è l’ultima speranza di lasciarsi alle spalle le sbarre di una prigione. Basta improvvisare un delirio, un discorso che non abbia né capo né coda, e, se il caso lo richiede, mimare un suicidio, tagliandosi appena superficialmente i polsi, o ingoiando delle lamette da barba.
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