Quegli affreschi di Tiepolo per l’aristocrazia milanese

Un libro, Tiepolo e le storie di Scipione (Skira Editore), presentato alla Galleria d’arte Moderna di via Palestro da Ezio Antonini, Simonetta Coppa, Paola Zanolini con i curatori del volume, Maria Teresa Fiorio e Valerio Terraroli, rianalizza il volto di Milano alla prima metà del Settecento; in particolare l’influenza della pittura veneta in terra lombarda. A causa della perdita di molti brillanti protagonisti della storia dell'arte, come il Legnanino, Filippo Abbiati, Andrea Lanzani, Paolo Pagani, durante la fine del Settecento, l'aristocrazia milanese si fece più esigente, cercando maggiore risonanza rispetto al passato, e iniziò a commissionare importanti opere ad artisti non lombardi, come ad esempio il Tiepolo. Tutto ebbe inizio con l'acquisto di Palazzo Dugnani, secentesco edificio di proprietà della famiglia Guidobono Cavalchini, da parte di Giuseppe Casati. Cavalchini rappresentava un'aristocrazia recente, perchè il titolo gli era stato conferito solo nel 1728, dopo una vita spesa nel commercio. Il nuovo conte aveva da poco superato i cinquant'anni da quando entrò nella dimora milanese con l'intenzione di abbellirla subito cercando gli artisti più in voga del momento. La scelta si era orientata sull'astro nascente della pittura veneziana, Giambattista Tiepolo appunto. Nel 1730, l'anno esatto dell'acquisto del palazzo del neoconte Casati, Carlo III Archinto, esponente colto della nobiltà lombarda, aveva contattato il Tiepolo, il bolognese Vittorio Maria Bigari e il quadraturista Stefano Orlandi. E il meno colto Casati condivise la proposta. Il prezioso volume di Skira ripercorre così la storia della decorazione pittorica delle sale di Palazzo Dugnani recentemente restaurate, in particolare quella di Scipione. Come spiega Maria Teresa Fiorio, Tiepolo riscrive Tito Livio: «Si tratta di un gesto di magnanimità e questo è il contenuto morale della storia». Tra le pitture di Scipione l'Africano, Sofonisba, Massiva, Siface, Asdrubale e le rovine della disfatta di Cirta. Per rispettare le leggi di guerra, Scipione chiede a Sofonisba, la bellissima figlia del cartaginese Asdrubale, di andare a Roma dove si trama tra ampolle e veleno. Ed è proprio nel salone centrale che si narrano le vicende di Scipione sullo sfondo di Villa Cordellina: mentre Massiva è al cospetto di Scipione, si vedono meglio i costumi, le architetture, le armi, i guerrieri, i paggi che fanno da contorno. Nulla è lasciato al caso, nemmeno il particolare dei visi di adulti, putti, animali. Nella volta del salone nuvole e catene e angeli sembrano annunciare il giudizio universale. In realtà non c'è una vera e propria corrispondenza con il Livio: solo alcuni anni più tardi l'artista avrebbe affrontato la storia più antica. Paola Zanolini, spiegando i particolari del restauro, racconta nel volume perchè Giuseppe Casati, volendo sfidare in grandiosità il conte Archinto, affidava a Tiepolo la decorazione del salone e delle altre stanze del palazzo che divenne in seguito della famiglia Dugnani e che solo verso la metà dell'Ottocento diverrà proprietà del Comune di Milano. Nei primi del Novecento gravi danni al tetto permettono all'acqua di infiltrarsi procurando seri danni agli affreschi, di nuovo a rischio con il bombardamento aereo dell'ottobre del 1942. Il restauro odierno è stato compiuto dal Gruppo Finiper a cura di Marco Brunelli del Centro di Restauro Zanolini di Ravenna. Oggi si può dire che Palazzo Dugnani sia tornato agli antichi splendori e con essi il ciclo di affreschi del Tiepolo, belli tanto quanto quelli che si trovano nella sede della Provincia di corso Monforte.

La Gloria e la Fama, così bene ritratte per il conte Casati, oggi simboleggiano la vittoria della tecnica applicata all'arte e dell'eterna capacità dell'uomo di sapere ricostruire la storia e metterla a disposizione dei posteri. La pittura veneziana torna così a risplendere anche in terra lombarda.

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