QUEI «CAMPIONI» SEMPRE PIÙ SFIATATI

Ormai bisogna andarlo a cercare con il lanternino, nelle pieghe del palinsesto, tra un programma e l’altro, uno spot e una telepromozione, ed essere velocissimi a sintonizzarsi perché quel che resta del reality Campioni (Italia 1, ore 13,35 e poi a notte fonda, poco dopo le 2) dura cinque minuti tirati via in apnea, come qualcosa di cui liberarsi in fretta. Non si capisce nemmeno bene perché, dopo i risultati dell’anno scorso, si sia voluto riprovare anche quest’anno con un programma che, se chiudesse, scontenterebbe ormai solo qualche esercente di Cervia e Milano Marittima, che venderebbe una manciata di gazzose in meno alle sparute fans degli aspiranti campioni. Curioso il destino di questo reality che era partito con l’ambizione - sulla carta plausibile - di coniugare l’amore italico per il calcio con l’appeal estetico dei protagonisti, sfruttando l’immedesimazione di tanti giovani per il connubio calciatori-veline. I partecipanti erano stati scelti apparentemente bene sotto questo aspetto, l’inizio dell’avventura era stato consacrato in pompa magna tra i pianti dei prescelti, gli urletti trepidanti delle ragazzine, una conduttrice come Ilaria D’Amico sulla cresta dell’onda, un allenatore come Ciccio Graziani che poteva contare sulle continue ospitate promozionali di Controcampo. Alla resa dei conti poco di quello che poteva essere è stato, e il silenzio mediatico che circonda il programma lo testimonia. Campioni non riesce a far parlare di sé né sotto il profilo delle curiosità tipiche di ogni reality (la personalità dei partecipanti, le loro emozioni, gli screzi, il voyeurismo incentrato sulla loro vita in comune) né tantomeno dal punto di vista dei valori tecnico-agonistici, e meno che mai riguardo agli aspetti eventualmente «formativi» di un'esperienza del genere. Per giunta quest’anno, a complicare le cose, si sono aggiunti anche i risultati del campo negativi (ammesso che contino davvero qualcosa) e il Vodaphone Cervia viaggia a 35 punti, a metà classifica, lontano dalla vetta.

Così da qualche giorno i cinque minuti super veloci della striscia pomeridiana vengono spesi tra le lamentazioni del presidente Massimo Medri che finge di arrabbiarsi in favore della telecamera («Così non si può andare avanti, la squadra deve reagire») e quelle ancora meno convinte di Ciccio Graziani, che ieri ha radunato i ragazzi a centrocampo per una filippica svogliatamente recitata, le cui parole sembrano adattarsi bene non solo alla squadra ma all’intero programma: «Il nostro male incurabile si chiama presunzione; dobbiamo ridimensionare le nostre ambizioni; inutile pretendere troppo da chi non è in grado di darlo».

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