Non hanno sempre porto laltra guancia. A volte, invece, i cattolici sono andati ai materassi, per dirla col Padrino. Sono scesi in guerra, cioè, rischiando la vita per testimoniare una fede ancor oggi osteggiata nel mondo. E giovedì scorso, tappeto rosso al Samuel Goldwyn Theater di Beverly Hills per lanteprima di Cristiada, titolo ispanico del film For Greater Glory (dal primo nelle sale Usa, lanno venturo da noi), cronaca epica della guerra dei Cristeros (1926-1929), contadini messicani che chiedevano soltanto di onorare il loro Dio: Cristo Rey. Prima di finire al tappeto, insomma, i cattolici di Santa Romana Chiesa mandano a dire sul tappeto rosso che ci fu un tempo, allora come ora, in cui occorreva pagare un tributo di sangue per ottenere libertà di culto.
Così la piccante Eva Longoria, il fascinoso Andy Garcia, linossidabile Peter OToole e un manipolo di star latine inserite nel prestigioso cast, hanno sfilato sul red carpet a Los Angeles, insieme ai sopravvissuti, al vescovo di L.A. e ai carmelitani locali. Testimoniando di persona come questo film di Dean Wright al suo esordio da regista, ma non come guru degli effetti speciali (cè lui dietro le magie visive della trilogia Il Signore degli Anelli, di Titanic e delle Cronache di Narnia), abbia inciso sulle loro vite. Andy Garcia, per esempio, da cubano verace ha raccontato che la storia del film lha fatto pensare alla sua Cuba, dove i cattolici vengono tuttora perseguitati. Senza contare che la nipote di Enrique Gorostieta, il generale qui interpretato da Garcia e che, da agnostico, negli anni Venti guidò la rivolta dei cristiani contro il governo messicano liberticida, gli ha scritto per ringraziarlo. Perché questa pagina nera della storia messicana è sconosciuta. Come sconosciuti sarebbero rimasti i protagonisti di tale Schindlers List in salsa Mexico, con coreografiche scene di battaglia così violente da essere costate la R di Restricted alla pellicola (i minori di 17 anni vanno accompagnati), se il produttore messicano Pablo José Barroso della Dos Corazones Films non avesse creduto nel progetto. Investendo 15 milioni di dollari (il premio Oscar James Horner firma le musiche struggenti, ma non stucchevoli) e tirando la volata a Papa Benedetto XVI, al momento in difficoltà. Tra laltro, in Messico le elezioni presidenziali sono alle porte (si vota il 1° Luglio) e bisognava mandare un messaggio alle famiglie. Ricordando, con un film indipendente girato in 12 settimane (con set montati al volo in sei stati) che tra il 1926 e il 1929 sono morti 90.000 «cristeros», due dozzine dei quali canonizzati martiri e santi nel 2000 da Giovanni Paolo II.
Ma veniamo alla storia, girata con tecnica «guerrilla film-making» (movimenti di camera mossi nelle scene di battaglia): Bruce Greenwood è Dwight Morrow, ambasciatore Usa in Messico per vigilare sugli interessi petroliferi americani, mentre sale la febbre duna guerra di religione. Il conflitto scoppia quando il Presidente del Messico, Plutarco Elías Calles (Rubén Blades) emana leggi anticlericali. I soldati irrompono nelle chiese, ammazzano i preti e li deportano, distruggendo le loro proprietà. Uno dei primi sacerdoti a cadere è padre Christopher (Peter OToole), il che offre il destro al brillante generale Enrique Gorostieta (Andy Garcia) di organizzare un esercito di miliziani cattolici, per lo più contadini. Nella sua lotta per la libertà, lo sostiene la moglie Tulita (Eva Longoria) e il giovane idealista José.
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