«O gni volta che mi trovo alla Stazione Centrale vengo travolta dai ricordi, certo, ma anche da un sentimento che mi porto dietro riguardo allindifferenza: indifferenza di quei questori zelanti che hanno fornito lelenco degli ebrei da deportare; di coloro che ci hanno così potuto stanare; lindifferenza di chi abitava intorno a Birkenau e di chi voltava la faccia. E poi un lungo silenzio; il fastidio di ascoltare le nostre storie. Ci sono voluti anni prima che le case editrici, le scuole e i giornali affrontassero il tema della Shoah, fino alleccesso, tanto che addirittura oggi qualcuno dice che barba. Ma noi sopravvissuti continueremo a parlare finché avremo fiato in gola». Le parole di Liliana Segre pesano come macigni e commuovono. Parole che questa donna schiva ed elegante, sopravvissuta miracolosamente ai lager, non si stanca di ripetere in ogni occasione, in modo sobrio e incisivo.
Liliana Segre fa parte di quei 605 deportati il 30 gennaio 1944 a Auschwitz-Birkenau, di cui 20 sopravvissuti, che riempiranno il «Memoriale della Shoah di Milano - Binario 21», un importante progetto per la nostra città presentato ieri alla presenza delle istituzioni - Regione, Comune, Provincia - nella Sala Reale della Stazione Centrale, proprio dove si trova il Binario 21, luogo simbolo da dove gli ebrei e altri perseguitati vennero deportati ai lager nel 1943-1944 dopo essere stati prelevati dal carcere di San Vittore e caricati su carri di bestiame. Lallestimento del Memoriale - fine lavori previsto nel 2010 - sarà realizzato nella zona sottostante il piano dei binari della Stazione e situato su due livelli, dove sorgeranno un museo, un archivio, una biblioteca, spazi espositivi, un auditorium e un bookshop (vedi box). «Sarà un centro di incontro e di confronto della società civile che ha convinto le istituzioni a collaborare - spiega Roberto Jarach, membro del Comitato dei promotori -. È un laboratorio per la convivenza dove dialogo e conoscenza possono porre le basi per la formazione dei giovani, che avranno la responsabilità di guidare una società sempre più multietnica e multiculturale». «Il Memoriale non è un Museo fine a se stesso bensì un luogo di meditazione - osserva a sua volta Rav Alfonso Arbib, Rabbino Capo di Milano -. I ricordi non devono rimanere cristallizzati nel passato, al contrario devono incidere sul presente. La memoria deve essere una memoria attiva e collettiva». E cerano proprio tutti in quella che più di una conferenza stampa è stata unoccasione di riflessione; una riflessione sinergica tra istituzioni e non solo, seria, priva di retorica e soprattutto concreta. Si è parlato di valori che contano in riferimento alla società attuale, dellimportanza della memoria e della sua trasmissione soprattutto alle giovani generazioni, in quanto la Shoah, oltre a rappresentare la grande tragedia del popolo ebraico, deve valere come potente monito universale perché tutto questo non si ripeta mai più.
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