Quell’interrogazione censurata dagli uffici del presidente

L’organismo della Camera che si occupa degli atti ispettivi ha cancellato dal testo dei dipietristi tutti i riferimenti alla casa di Monaco: "Inammissibili"

«Inammissibili», dunque stralciate, cancellate completamente dal testo originario, depositato il giorno prima in Commissione finanze alla Camera. Dall’interrogazione del dipietrista Franco Barbato, che metteva insieme una serie di episodi alquanto oscuri che hanno al centro i vertici dell’ex An e certi affari gestiti da misteriose off-shore, sono spariti un inciso e un intero capoverso. Guarda caso, proprio quelli in cui si nominano Gianfranco Fini, Tulliani e Montecarlo.
Perché? La decisione sull’ammissibilità o meno degli atti di sindacato ispettivo dei parlamentari (cioè interrogazioni, interpellanze, question time) spetta ad un organo molto vicino al presidente Fini, cioè l’ufficio di presidenza della Camera. È lì che, nel pieno diritto assicurato dal regolamento di Montecitorio, si è consumata la decisione di «emendare» quel testo, incentrato sul parallelismo tra il sistema di scatole cinesi e relativa coincidenza di amministratori della Atlantis World Gioco Legale Ltd (concessionaria in Italia per la gestione telematica e società già rappresentata da un noto esponente napoletano di An), e l’incastro societario che cela il reale proprietario della famosa casa di Montecarlo, affittata al cognato di Fini. Il cuore dell’argomentazione di Barbato stava proprio nelle oscure analogie tra le due vicende, e quindi il riferimento a Fini e Tulliani era centrale, non accessorio. Non così però ha pensato l’Ufficio che fa capo a Fini, e che ha tolto di peso quelle parti.
Anche solo un riferimento al presidente della Camera è stato giudicato eccessivo e inammissibile. Ad un certo punto Barbato, nell’interrogazione poi firmata da tutti e 24 i deputati di Idv (Di Pietro compreso), parla di Francesco Cosimi Proietti, attuale onorevole del Fli, ricordando una sua intercettazione in cui mostra di interessarsi con grande zelo alla concessione di Atlantis presso i monopoli di Stato («lo cerco per telefonino e gli dico che cazzo è sta storia», dice Proietti riferendosi al direttore dell’AAMS Giorgio Tino). In quel punto Barbato aggiunge un inciso: «Francesco Proietti Cosimi, all’epoca segretario dell’onorevole Gianfranco Fini, etc..». Ebbene, nella versione rivista e corretta dall’ufficio di presidenza, quel fugace riferimento a Fini scompare del tutto. Ma è il meno. Poco più avanti, nella versione originale, si legge che «sempre secondo notizie e fotografie richiamate dalla stampa, l'onorevole Gianfranco Fini avrebbe trascorso, nell’estate del 2004, dopo la gara per la concessione e poco prima della stipula della convenzione tra AAMS e Atlantis, nell’isola St. Marteen, dove sarebbe stato fotografato nel ristorante di un casinò di proprietà del predetto Francesco Corallo», cioè l’imprenditore che risulta dietro la Atlantis.
«Tra l'altro, chi pagò quella vacanza?» si chiede Barbato, raggiunto al telefono a Ginevra per un convegno sull’acqua al castello del barone Rothschild. «Mi chiedo questo, e mi chiedo anche perché abbiano mutilato la mia interrogazione. Le parti su Fini e Montecarlo avevano piena attinenza perché riguardano la trasparenza economico-finanziaria dell’ex An. Io chiedo le dimissioni di Fini perché ho l’impressione che il sistema off-shore sia “made in An”, e lui non poteva non sapere. Su Atlantis c’è stata una copertura politica che ha consentito che lo Stato avesse come soci persone con il passamontagna in testa, perché il 95% della proprietà non è identificabile. Faremo presto una denuncia alla Procura della Repubblica, su questo e su Montecarlo, siamo già d’accordo con Di Pietro».
Perché, in effetti, le due cose viaggiano insieme, come si capiva bene dall’altro passaggio sparito nella versione finale, questo: «A rendere ancora più inquietante il predetto quadro, si possono richiamare altre ricostruzioni giornalistiche, in base alle quali il medesimo signor James Walfenzao risulterebbe amministratore della società Printemps, che ha acquistato dall’allora An il noto immobile sito a Montecarlo in Rue Princesse Charlotte, rivendendolo successivamente ad un'altra società, la Timara Ltd, la cui sede sarebbe ubicata presso gli uffici della società Corpag, di cui Walfenzao è rappresentante nell'isola di St. Lucia; Walfenzao ha usato le stesse tecniche e persino le stesse off-shore per schermare l'acquisto della casa e l'operazione Atlantis. (…) La Corporate Management di Saint Lucia infatti è stata usata sia nell'operazione della casa che in quella delle slot da Walfenzao.

Al punto che viene da chiedersi se non ci sia il grande affare delle slot dietro il piccolo affare di Montecarlo». Anche questo non è sopravissuto alle «forbici» dell'Ufficio di presidenza, che ha giudicato le informazioni e le valutazioni irrilevanti. La stessa cosa, in effetti, che ne penserebbe il presidente Fini.

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