Quell’ultima sporca mano di poker: "Così ho visto volare 90mila euro"

Il nostro inviato tra i 383 iscritti al campionato italiano di Sanremo. Finale da film: la partita dura oltre 8 ore e il campione è quello con la mano apparentemente più debole

Quell’ultima sporca mano di poker: "Così ho visto volare 90mila euro"

Sanremo - Asso e Re. Blig Slick, lo chiamano a Las Vegas, dove hanno trasformato il Texas hold'em nel gioco di poker più diffuso al mondo. Asso e Re ha in mano A.F., che conosco da 25 anni, alle due e venti di notte di sabato scorso.

È seduto al tavolo da otto ore e mezzo e questa è la trecentoventesima mano che sta giocando. Contro di lui altri otto giocatori. Intorno a lui quattro tavoli per un totale di 46 sfidanti rimasti in gara dopo la battaglia che vedeva, 8 ore e mezzo prima, 383 iscritti su 39 tavoli. Siamo al Casinò Municipale di Sanremo, Liguria: la fetta di Las Vegas che la cultura perbenista di questo Paese ci concede è tutta qui, ai margini dei confini nazionali come Saint Vincent, Campione, Venezia. E qui bisogna venire da Ragusa, da Oristano o da Crotone se si vuole partecipare al Campionato Italiano di Poker 2007. Siamo alla seconda tappa. Il Campionato è curato dalla Federazione Italiana Gioco Poker per iniziativa di Luca Pagano, il più forte professionista italiano. E questo di sabato è il main event, la partita che dà più prestigio e più punti per il Campionato (che si svolge in otto tappe). Ma soprattutto più soldi: il montepremi è di 383mila euro, mille euro di iscrizione a testa per ricevere 10mila fiches nominali. Poi giochi fino a quando tutti i 3.830.000 gettoni rimangono a un solo giocatore. Primo premio: 91.920 euro. Al secondo, 58.830. Oltre i 10mila euro per i primi 10, e poi premi minori fino al 36esimo. Dal 37esimo c'è lo «scalone» che porta diritto nel vuoto: se vieni eliminato lì sei in the bubble, molto sfigato e, di solito, assai incazzato.

Dice lo scrittore britannico Martin Amis che l'aggettivo per descrivere Las Vegas è «non islamica», una città del peccato in cui si liberano tutte le rappresentazioni possibili della forma umana. E c’è qualcosa di non islamico anche qui a San Remo, dove tutti questi giocatori vengono a divertirsi, punto e basta. Un divertimento che è, in partenza, una colpa, ma che qui è permesso. E nel divertimento, nel gioco del «poker sportivo» (dove la fortuna è una condizione necessaria, ma non sufficiente) centinaia di giovani trovano una dimensione certa, una tribù, un riconoscimento che fuori di qui non è. In pochi leggono un quotidiano, ma ci sono già due mensili di cui uno, Poker Sportivo, in edicola. Giocano on-line a poker 25-30 ore la settimana tipi come Fabrizio Ascari, che ha vinto lo scorso anno. Un trentenne signor nessuno che è ha appagato nel gioco il bisogno moderno di celebrità: oggi Ascari ha uno sponsor (un sito internet) che gli paga le iscrizioni ai tornei. E ha pure il suo merchandising all'interno di una tribù che, piaccia o meno, cresce. E coinvolge fino ad arrivare ai salotti buoni. Dal figlio di Marcello Dell'Utri, a quello del penalista Gaetano Pecorella, al capo del capital market di una banca milanese.

Quando ad A.F. arrivano Asso e Re i suoi gettoni, a occhio, sono 130 mila. È uno dei primi. A hold'em ci sono 169 possibili mani d'apertura (due carte tra le 52 del mazzo completo) e il Big Slick è una delle più forti: solo A-A (due Assi), due K-K (due Re), o Q-Q (due donne) valgono di più. Quindi potrebbe essere la mano decisiva per ipotecare l'ingresso a premi. (Nell'hold'em ognuno gioca con due carte in mano e cinque carte comuni che vengono scoperte: prima tre in una volta, il flop, poi una, il turn, poi l'ultima, il river. A quel punto vince chi ha il punto pokeristico più alto considerando le 5 carte migliori). Prima di lui dovevano «parlare» in tanti. Il «grande buio» (big blind, una tassa obbligatoria, che nei tornei aumenta ogni trenta minuti), era di 6mila.

Lo mettono in quattro, ma A-K, naturalmente, rilancia, raise: 20 mila. Scappano tutti, tranne uno, mister X, una forma umana grande come un cassettone, che «chiama», call, vede. È un testa a testa, heads up. Il piatto è 58 mila. Arriva il flop: tre carte sempre e comunque decisive.Alcune ore prima il flop aveva fatto fuori, alla grande, chi scrive. Ero venuto per raccontare ai lettori del Giornale il mio grande torneo. Il punto è che ho avuto a che fare con una serie di mani di 4-2, 9-3, 10-2, 5-9, 6-7, 10-6, 7-2, 5-2, Q-2, J-7, 3-4, 3-6, 8-4, che dopo un po' ho smesso di annotare. «Sono le sue carte? - chiede il mio vicino bolognese, con i tatuaggi che strisciano fuori dalle maniche corte e dallo scollo a "V" della t-shirt - mai viste tanto brutte». Poi arrivano 9-9. Una coppia. Rilancio, raise. Uno che prima era stato zitto ora controrilancia. Lo guardo bene e la vedo male: magrolino come un'acciuga e brufoloso, è incassato nel look d'ordinanza, fatto di iPod, berrettino con visiera e occhialini da sole.

Se vedo mi restano solo 2 mila gettoni. Se vado via ne conservo 8 mila e sono in media. Ma non resisto, e dico all-in, punto tutto. Lui gioca. Mostra le sue carte: A-10. Siamo lì, le probabilità sono 53% a 47% per me. Il flop è 6-Q-4. Il turn è un 8. Resto ancora in vantaggio prima che al river si giri l'Asso. Sono a casa, il mio torneo è finito alle 19.30, esco 250esimo. Mi stringono la mano, ma quando si esce dal torneo si sta male per almeno un'ora. Ci si vergogna e si spera di non incontrare gente che si conosce nelle vicinanze. In realtà, a nessuno importa nulla.

Asso e Re, sette ore dopo. Dove avrei voluto esserci io si gira il flop: K-K-9. A.F. ha tris di K. Mister X dice check, non punta. A.F. rilancia, 30mila. L'avversario chiama, call. E che può avere: non ha rilanciato, ma poi ha visto una puntata così forte? Il turn è Q, Donna. E Mister X punta tutto, all-in. A.F. è tranquillo, difficile che l'altro avesse Q-Q, se no avrebbe puntato da subito. Dunque all-in: il piatto è vicino ai 300 mila gettoni, chi vince è in finale per portarsi a casa 90mila euro.

Manca una carta, ma si mostra il gioco e Mister X non ha Q-Q, ma 10-J. E ora ha scala: 9-10-J-Q-K! Il river è ininfluente. Mister X ha vinto perché ha chiamato 30 mila con una scala buca. Probabilità di vincere: 8,5%, contro le 91,5% di A.F. Che non c'è già più: è in auto per Milano.

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