Nel maggio del 1976 mi trovavo in Friuli, avevo diciottanni e mi stavo preparando allesame di maturità. In quel lunghissimo minuto in cui la terra ha tremato, tutto quello che conoscevo e che avevo programmato a un tratto è svanito. Erano le nove di sera, mi sono scaraventata in strada trascinando dietro il mio cane, terrorizzato. Ricordo quel pomeriggio come un pomeriggio oppresso da unafa particolare, trenta e più gradi, una cappa che rendeva difficile muoversi. Per due volte, quel pomeriggio, ero stata colta da unabbondante e inspiegabile epistassi dal naso. Uscita di casa, scavalcando calcinacci e fili della luce caduti, mi sono messa a correre, insieme a tante altre persone, verso un luogo aperto. Non cerano allepoca i telefonini, lelettricità era scomparsa, tutto era buio. Che fosse stato un terremoto ormai era chiaro ma non sapevamo da dove fosse scaturito.
Quando, ad un certo punto, nelloscurità una voce ha detto che lepicentro era al nord della Germania ho immediatamente avuto una visione: dei branchi di lupi che scorrazzavano tra le rovine delle cattedrali. Se lepicentro è al nord della Germania, ho pensato, e noi siamo ridotti così, vuol dire che lEuropa è annientata, bisognerà ricominciare a imparare a sopravvivere, a cacciare, ad accendere il fuoco con i pochi oggetti che ci saranno rimasti. Sulla piazza ho incontrato un mio caro amico e insieme a lui mi sono incamminata verso la campagna aperta. Il buio era totale e si vagava come ombre, scambiandoci mezze frasi, consigli, conforto.
Ho trascorso il resto della notte sdraiata per terra, accanto al mio amico e al mio cane. A parte il cane, i pantaloni corti e la canottiera non avevo più niente. La terra continuava a tremare ed era terribile sentire quello scuotimento propagarsi dalle viscere della terra lungo il corpo. Cerano degli alberi accanto a noi e, nelloscurità, si piegavano con gran rumore di fronde, come scossi da un forte vento. Se lEuropa non cè più, pensavo, chi porterà i soccorsi, che ne sarà di noi? Poi, nel cuore di una notte completamente insonne, dal folto di un cespuglio sentii levarsi, sonoro e struggente, il canto dellusignolo.
Allalba, nellafa intossicata dalle polveri dei calcinacci, abbiamo visto arrivare i primi soccorsi. Nel frattempo erano arrivate le notizie. Non era ad Amburgo lepicentro, ma a poche decine di chilometri da noi.
In quella notte credo di aver perso linnocenza, nel senso della serena e infantile convinzione che il destino sia unicamente nelle nostre mani. Basta che la terra si scuota un solo minuto per cancellare i nostri sogni, i nostri progetti, i nostri affetti, per ricordarci che viviamo perennemente sospesi sullabisso. Da quel giorno so che ogni istante può essere lultimo, lultimo cielo azzurro, lultima viola spuntata, lultimo sguardo della persona amata.
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