Vedi Napoli e poi muori, dice la frase, tanto nota da essere scontata, da prestarsi a interpretazioni ambigue e pregne di facile antimeridionalismo. È perché è così bella che può rappresentare l'ultimo desiderio di una vita, o più realisticamente è perché chi la tocca, chi tenti e magari riesca con successo a scuoterla, cambiarla, a sfidare il Mostro che vi spadroneggia, rischia la pelle? Tra le molte moleste voci che in queste settimane hanno preso il posto della bella battaglia politica, quello degli argomenti, delle proposte, figuriamoci degli ideali, ne circola una secondo la quale l’inchiesta che ruota attorno all'inceneritore di Acerra punterebbe ai vertici del governo, nientemeno. Se rispondesse al vero, confermerebbe definitivamente quel che il premier sospetta e che ha denunciato, ovvero che a dar man forte alle scarse ragioni di un'opposizione che si unisce solo dietro alle ragioni squisitamente private di Veronica Lario, ci sia ancora una volta qualche Procura amica. Come accadde negli anni orribili di Tangentopoli, a dare una mano quando in altro pulito modo di andare al governo proprio non gli riusciva, e come accadde nei tentativi che seguirono a partire da quello storico, e che oggi torna in mente a chi come me a pensar male si è dovuta abituare, nel 1994, quando, Silvio Berlusconi premier alla testa di una provvidenzialmente neonata Forza Italia, un avviso di garanzia arrivò a imbarazzare lui e i suoi ospiti a Napoli all'apertura di una riunione del G8. Ci pensò il Corriere della Sera a far da messo rivelando l'iniziativa platealmente, oggi la palma la vorrebbe un altro quotidiano militante e scalpitante, La Repubblica, con i suoi giornalisti trasformati in agenti della buon costume, cito da Dagospia, con l'editore che si sente il capo della polizia. Vanno in giro per Napoli e provincia, a caccia di soubrettes, aspiranti veline, parenti lontani della ragazza Noemi, fidanzati, pregiudicati e no, fotografie anche da sistemare, personaggi della commedia napoletana pronti a tutto in cambio di qualcosa. E ve li ricordate i cittadini che protestavano indignati contro le discariche, che cercavano di impedire che si facesse qualcosa?
Sullo sfondo il ventre della grande città e della sua sterminata provincia, quella che la vedi e poi muori. «Affari sporchi a Napoli» si intitolava un duro articolo che un anno fa il Wall Street Journal dedicò alla crisi della città: «Montagne di rifiuti stanno bruciando nelle strade di Napoli e stanno portando alla luce la realtà dell'Italia meridionale. La combinazione di uno Stato debole e del potente crimine organizzato rende alcune aree del Paese ingovernabili». Gabriel Kahn, corrispondente del WSJ, sosteneva con più di qualche fondato argomento che «a Napoli questa combinazione ha creato una miscela tossica che ha paralizzato la città, creato seri rischi alla salute e rivelato l'incapacità del governo ad affrontare anche i problemi fondamentali della vita urbana». L'articolo riconosceva «disperate ma inutili misure prese dalle autorità» perché «la Camorra mantiene uno stretto controllo sul business dei rifiuti e, con il peggiorare della situazione, i profitti e il potere della camorra sta crescendo».
Oggi non si potrebbe più scrivere la stessa cosa. Nella lotta alla criminalità come nel caso dei rifiuti, lo Stato ha funzionato, ha combattuto il mostro, che si nutre anche di inerzia, ha pulito e messo ordine nelle sabbie mobili della criminalità. Qualche nome: Franco Letizia uno dei cento latitanti più pericolosi d'Italia catturato, cento arresti nel clan Amato-Pagano, preso in Spagna il boss Raffaele Amato, leader degli «scissionisti», padrone dello spaccio a Scampia, latitanti eccellenti come Mazzarella, Setola, D'Albenzio, Diana, Bidognetti jun. L'offensiva dello Stato ha decimato casalesi e camorra metropolitana. Però c'è il ventre molle di Napoli. I carabinieri che hanno arrestato i cugini Salvatore e Luigi Prinno, del clan Sarno, all'ingresso in Villa Cupido, locale dove si celebrava un matrimonio, assieme a un centinaio di pregiudicati hanno trovato attori e cantanti locali: Ciro Petrone, di 22 anni, divenuto famoso grazie al successo del film Gomorra, anche Rosario Miraggio, cantante neomelodico, Luigi Attrice, interprete del film Attenti a noi due, di Mariano Laurenti e che ha lavorato anche con Ninì Grassia.
Nelle stesse ore a pochi chilometri di distanza carabinieri e Guardia di finanza, con l'operazione «Giudizio finale», attaccano il clan Belforte, sequestrano beni per cinquanta milioni di euro. L'attività del clan è presto illustrata. Dal '98 al 2004 ha provveduto allo smaltimento illecito di tonnellate di rifiuti. Una società collegata al clan avrebbe ottenuto commesse da una società pubblica, la Recam: tra gli indagati c'è anche un ex funzionario di quest'ultima. L'organizzazione aveva imposto il pizzo ad alcune società del settore dei rifiuti durante l'ultima crisi, prima che la città e la regione venissero ripulite e restituite ai cittadini. A dispetto di quelli che ci facevano solo affari, e che oggi, pur decimati, progettano vendette.
Mi aspetto che a Napoli, come in altre tante regioni d'Italia, ci sia una grande reazione popolare a significare che il Mostro e i suoi interessi, droga, rifiuti, prostituzione, omicidi, sottosviluppo, ricatto, sono stati colpiti a morte, e che chi lo ha sfidato ha avuto ragione. Mi aspetto che l'antimeridionalismo della sinistra sia svergognato. Il giudizio del popolo si chiama voto.
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