L'accordo c'è e il nome anche. Pdl e Pd voteranno Franco Marini. Almeno queste sono le indicazioni. Un nome gradito sia a Silvio Berlusconi che a Pier Luigi Bersani ma anche a Scelta Civica. Ma quello dell'ex leader della Cisl è anche un nome che ha mandato in tilt il Partito Democratico. Sulla sua elezione alla prima chiama, domattina alle dieci, pesano le defezioni e i franchi tiratori. La candidatura supererà la notte?
Pochi minuti prima delle undici, dopo una lunga e tortuosa assemblea, i grandi elettori approvano la candidatura di Marini. Ma il partito è spezzato. I sì sono 222, i no 90, le astensioni 21. E i deputati di Sel, e una pattuglia di renziani, lasciano il teatro Capranica prima della votazione.
Marini è la soluzione migliore che potessimo ottenere, avrebbe detto il Cavaliere ai suoi parlamentari esortandoli a votare compatti per l'ex presidente del Senato. "Quando Prodi cadde nel 2008 - ha ricordato l'ex presidente del Consiglio - ha avuto un comportamento leale e corretto. Ha consegnato il mandato e si è andati a elezioni. Marini è una soluzione che per noi non rappresenta una sconfitta. Si sarebbe trattato di una sconfitta con alcuni nomi che stavano scendendo in campo".
Pochi minuti prima del leader del Pdl Pier Luigi Bersani aveva ufficializzato la scelta: "La candidatura che avanzo, quella di Franco Marini, è quella che è più in grado di realizzare le maggiori convergenze. La sua candidatura risponde alla questione sociale, il suo profilo è adatto - ha detto Bersani ai gruppi parlamentari riuniti di Pd e Sel -. Siamo in un mare mosso, insieme a una larga coesione servirà esperienza politica, capacità ed esperienza. Marini sarà in grado di assicurare la convergenza delle forze politiche di centrodestra e centrosinistra, ha un profilo per essere percepito come un tratto sociale e popolare. È una personalità di esperienza con il carattere di reggere le onde e con radici nel mondo del lavoro, ed è persona limpida e generosa. È stato costruttore del centrosinistra".
Un nome che catalizza molti consensi, ma anche tante critiche. Tanto che lo stesso Berlusconi ha avvertito i suoi che "l'elezione potrebbe non avvenire alla prima chiama". La scelta dell'ex presidente del Senato ha creato non pochi malumori nel già spaccato Pd. In cima alla lista dei dissidenti ci sono i renziani. Durissimo l'attacco del sindaco di Firenze: "Se io fossi un grande elettore non voterei per Marini, per me è la scelta peggiore". In serata, ospite delle Invasioni Barbariche, rincara la dose: "Votare Marini significa fare un dispetto non a me ma al Paese. Se domani il Parlamento elegge Marini io sarò il primo a mettere la sua foto nell’ufficio perchè rispetto le istituzioni, ma Marini è un candidato del secolo scorso". Per Renzi tutte le opzioni sono meglio di Marini: "Rodotà è meglio, ma ce ne sono tanti tra quelli fatti da Movimento Cinque Stelle e Pdl. Emma Bonino a me piace molto, viene da una cultura diversa da me, ma è decisamente meglio di Franco Marini. Romano Prodi? a maggior ragione, è stato un uomo che ha avuto una visione del Paese". Critica anche Rosi Bindi: "Se Franco Marini fosse il Presidente delle larghe intese, non sarebbe il mio presidente". Poi, c'è da mettere in conto il malessere di Sel e la dichiarazione lapidaria di Nichi Vendola: "Nulla contro Franco Marini ma la sua candidatura sarebbe la fine del centrosinistra e un’operazione di restaurazione".
Nella trattativa tra Pd e Pdl rientrerebbero anche i montiani che, in mattinata, hanno escluso categoricamente Romano Prodi, candidatura di rottura invisa al centrodestra che avrebbe diviso ulteriormente il parlamento in due schieramenti contrapposti allontanando definitivamente la possibilità di riuscire a formare un governo all'indomani dell'elezione del nuovo capo dello Stato. "Sul nome di Prodi non abbiamo nessun problema, ma non ce la farà perché non gode di una maggioranza ampia - ha spiegato Andrea Olivero, coordinatore di Scelta Civica - noi spingeremo fino in fondo perché ci sia un nome che trovi d’accordo anche il Pdl". Se così fosse, verrebbe a cadere il tentativo di Beppe Grillo di entrare a gamba tesa nella trattativa facendo venire l'acquolina in bocca a Bersani: l'appoggio al candidato pentastellato al Quirinale Stefano Rodotà in cambio di una futura collaborazione a formare l'esecutivo. L'accordo tra il Pd e il centrodestra scontenterebbe appunto Vendola convinto, invece, che una buona "base di discussione" può essere la rosa di nomi proposta dai Cinque Stelle: "Invitiamo il Pd a riflettere su Rodotà". Proprio per questo, l’obiettivo di Pdl e Pd è chiudere la partita entro le prime tre votazioni. Così facendo si eviterebbe affrontare al buio le successive.
Nel momento in cui si andasse a scegliere il successore di Napolitano con scrutinio a maggioranza semplice tornerebbero in auge i nomi al momento accantonati, in particolare a riprendere quota sarebbe quello di Massimo D’Alema.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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