Oltre allo scandalo tangenti e al presunto sistema Penati, a scuotere il Partito democratico ci sono altre due beghe di non poco conto. La prima è il referendum per cambiare la legge elettorale del Porcellum e tornare al Mattarellum, la seconda è la leadership del partito. Perché, partendo proprio da quest'ultima, i segnali di fiducia nei confronti di Bersani latitano o sembrano solo di facciata. Al contrario ne arrivano altri di segnali e hanno tutti il sapore amaro per il segretario democratico. Ultimo in ordine di apparizione quello lanciato pubblicamente al forum Ambrosetti di Cernobbio dal suo vice. Quell'Enrico Letta che non ha esitato un attimo a dire cosa ne pensa di un'eventuale candidatura dell'ex amministratore delegato di Unicredit, Alessandro Profumo. "Vedo molto bene una discesa in politica di Profumo”, perché è una persona “competente e appassionata”, uno di cui “ce ne sarebbe bisogno”. Insomma, tutti alla ricerca di un nuovo guru politico della sinistra, tutti pronti ad accogliere nuove (si fa per dire) personalità, salvo poi manifestare piena fiducia al segretario Bersani. Segretario che ha accolto (almeno così pare) con sano spirito agonistico e di competizione la dichiarazione ufficiale del "rottamatore" Renzi, pronto a candidarsi alle primare nel 2011. "Benvenuto a chiunque voglia ingaggiarsi nella politica. Apprezzabile. Le primarie per noi e per il sistema possono essere un ottimo meccanismo di selezione. Io ci credo e ci ho sempre creduto. Con un’avvertenza, però: dobbiamo uscire dalla personalizzazione", avvertiva il leader Pd su Repubblica.
Ma se Bersani ha mostrato pacatezza nei toni a tirar fuori il lato grintoso del partito ci ha pensato Rosy Bindi. Che ha risposto per le rime al sindaco di Firenze: "A Matteo Renzi dico che, con lo Statuto che abbiamo, se lui vuole partecipare alle primarie deve dimettersi dal Pd perché per il Partito democratico il candidato è il segretario. O lui si dimette dal Pd o lui non corre le primarie. E se eventualmente il partito decidesse di modificare quella regola statutaria sappia Renzi che non sarà solo". Insomma una risposta al vetriolo con tanto di avvertimento che suona come: non avrai vita facile. "Sono contenta - ha aggiunto sarcasticamente la Bindi - che dopo un anno Renzi abbia finalmente dichiarato le sue giuste intenzioni, quelle vere. Abbiamo capito ora perché era stata convocata la convention della Stazione Leopolda e ora viene riconvocata, perché lui vuole fare il presidente del Consiglio. Questo significa però che per un anno non ha praticato la buona politica, perché quello che deve fare un politico è dichiarare subito le sue intenzioni, non tenerle nascoste".
La predica della Bindi a difesa del suo leader di partito fornisce l'assist per parlare dell'altra bega che scuote il Pd: il referendum sulla legge elettorale. Perché sugli ultimi referenda le intenzioni di Bersani & Co sembravano chiarissime (il Pd aveva praticamente cercato di sabotare i quesiti su acqua, legittimo impedimento e nucleare), salvo poi appropriarsene e sfoggiarli come vessillo, una volta accortosi che il risultato giovasse al partito. Adesso, per il referendum elettorale anti Porcellum, l'atteggiamento di Bersani è molto simile: appoggio, ma senza un sostegno diretto. "Non rappresenta la proposta che abbiamo depositato in Parlamento, vedremo...".
Mentre proprio la Bindi, Letta e altri esponenti rilevanti del Pd vergano il modulo di adesione, Bersani, parafrasando Veltroni, nicchia e dice sì... ma anche no. Le possibilità che i referendari raggiungano le 500mila firme non sono facilmente a portata di mano. Ma vuoi scommettere che se dovessero farcela Bersani metterà il cappello anche su questo?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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