Il regime fa terra bruciata attorno a Moussavi

Ha riunito le piazze per ricordare le vittime della repressione, ha gridato ladri e corrotti ai vecchi compagni di regime, ha guidato migliaia di persone vestite a lutto per ricordare i morti della protesta. Ma la marcia nera di ieri rischia di diventare il suo funerale. Mir Hussin Moussavi ha poco tempo ed è sempre più solo. Chi lo ha appoggiato da dietro le quinte del regime lo sta abbandonando, gli altri sono già in galera. La piazza lo rispetta, ma non lo adora e ricorda nei messaggi su internet che quell’ex premier trasformatosi nell’icona del cambiamento «non rappresenta un ideale». Con i religiosi non va meglio. Gli ayatollah di Qom si guardano bene, per ora, dal fornirgli l’appoggio indispensabile per sfidare il potere di un regime difeso dai pasdaran e rappresentato dalla Suprema guida Alì Khamenei.
Secondo molte voci la manovra finale per seppellire il simbolo dell’opposizione scatterà stamattina quando la Suprema guida Alì Khamenei scenderà all’università di Teheran per celebrare la preghiera del venerdì. Quell’atto eccezionale e simbolico evidenzia le preoccupazioni della massima autorità politica religiosa del paese, ma anche la sua volontà di chiudere la questione. I temuti scontri tra sostenitori dell’opposizione barricati nei dormitori dell’ateneo e gli ultrà del regime pronti a tutto pur di garantire la celebrazione non cambieranno una sequenza di eventi già disegnata.
L’ayatollah Khamenei parlerà alla nazione e la richiamerà all’unità, delegittimerà le componenti più dure dell’opposizione definendole marionette del Grande Satana americano, offrirà a Moussavi un compromesso. In cambio il Gandhi dell’Iran, come l’hanno chiamato, dovrà presentarsi sabato mattina all’incontro, già fissato, con il Consiglio dei guardiani della Rivoluzione, i 12 grandi arbitri costituzionali responsabili di ogni scelta elettorale. A quell’appuntamento parteciperanno gli altri due sconfitti eccellenti, l’ayatollah Mahdi Karroubi e l’ex capo dei Pasdaran Mohsen Rezai, ma il protagonista chiave sarà il 67enne ex primo ministro. Se accetterà un fittizio nuovo conteggio dei voti potrà tornare indisturbato al ruolo di vecchio pensionato di regime. Se rifiuterà ufficializzerà la sua uscita dal sistema e rischierà di raggiungere in galera gli altri esponenti dell’opposizione.
Decidere non sarà facile. Il suo mentore, quell’ex presidente Alì Akbar Hashemi Rafsanjani che l’ha messo alla testa dell’opposizione a Mahmoud Ahmadinejad e ad Alì Khamenei, sembra essersi dissolto. Secondo alcune voci è a Qom a cercar di conquistare l’appoggio di clerici e ayatollah. Secondo alcuni oppositori ritrovatisi ieri nel centro di Teheran per gridare “vergogna a Rafsanjani” il vecchio Squalo ha già abbandonato Moussavi al suo destino. Un’ipotesi in parte confermata dalla notizia secondo cui Faezeh, la figlia ex ministro di Rafsanjani alleatasi con Moussavi sarebbe stata bloccata assieme al fratello Mehdi mentre tentava di lasciare il paese.
Rafsanjani deve, in ogni caso, fare i conti con il suo ruolo di presidente dell’Assemblea degli Esperti, l’organo costituzionale a cui spetta la nomina e l’eventuale defenestrazione del Supremo Leader. Prima di muoversi lo Squalo deve esser certo di aver dietro a sé la maggioranza degli 83 religiosi che compongono l’Assemblea e deve esser certo, visto il suo ruolo e il suo passato, di non innescare eventi incontrollabili in grado di spaccare il regime.
A rendere più pesante l’isolamento di Moussavi contribuisce la pesante campagna repressiva che non ha risparmiato neppure l’anziano e malato Ebrahim Yazdi, un 73enne ex ministro degli esteri dell’era Khomeini.

Le perdite più gravi per il Gandhi iraniano sono però quelle dell’ayatollah ed eminenza grigia Mohammed Ali Abtahi, un ex vicepresidente dell’era Khatami, del potente giornalista Mohammed Atrianfar sottosegretario dello stesso Moussavi negli anni ’80 ed oggi uomo di fiducia di Rafsanjani, di Saeed Hajjarian, influente ex consigliere di Khatami e di Hamid Reza Jalaipour, il grande stratega di tutta la campagna elettorale riformista. Senza quegli uomini chiave al suo fianco Moussavi è un leader cieco e muto.

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