La Regione: «No al precariato» Ma assume soltanto interinali

Almeno duemila dipendenti hanno contratti a tempo determinato

Sabrina La Stella

L’assessore regionale Tibaldi dichiara guerra al precariato. Ma nei suoi uffici vince la deregulation. È atteso in questi giorni il Portale regionale al quale l’assessorato al Lavoro affida il compito di mettere in rete domanda e offerta, combattendo il lavoro atipico.
Ma il “banner” luminoso su cui compariranno tre parole chiave «garanzie, diritti e opportunità» rischia di rimanere una chimera troppo lontana. Irraggiungibile proprio a partire da chi presta lavoro nelle stanze del monumentale palazzo regionale di via Rosa Raimondi Garibaldi.
Infatti, mentre il Consiglio regionale pianifica una seduta straordinaria per giugno prossimo, dedicata «alla regolarizzazione dei contratti atipici già in essere, per sanare finalmente le situazioni di lavoro instabile ereditate dal passato», come ha promesso di recente Alessandra Tibaldi, nel suo ufficio sorgono nuovi contratti a tempo determinato.
Così un nuovo rivolo di collaboratori instabili si aggiunge al fiume del precariato regionale, composto da 5.000 dipendenti, di cui almeno 2.000 è costituito da lavoro temporaneo. In particolare, l’assessorato al Lavoro, Pari Opportunità e Politiche giovanili predilige la formula del part-time. Una decina di persone, di età compresa tra i 25 e i 40, hanno firmato fino a ora un impegno lavorativo con la nuova giunta per un totale di 18 ore settimanali (dalle 9 di mattina alle 12.36) e con scadenza coincidente con la fine del mandato politico. Ma nella realtà, tutti, nessuno escluso, si prestano a orari di lavoro estremamente elastici, rimanendo alla scrivania - secondo quanto risulta dalla timbratura del cartellino - anche per otto ore giornaliere.
È questo il caso degli impiegati più fortunati, perché transistati dalla porta principale, attraverso contratti di collaborazione con la Regione Lazio. C’è poi chi presta servizio dietro i computer dei diversi dipartimenti, entrando dalla porta di servizio: la Lazio Service spa. Lo strumento regionale, nato nel 2001, per «assicurare la razionalizzazione delle attività di gestione dell’Ente regionale» e che doveva offrire servizi di manutenzione, di portineria e posta, di call center e data entry. Ma che oggi conta circa 800 lavoratori, di cui l’87% precari.
In particolare, 25 di questi sono impiegati nel Dipartimento Formazione e Lavoro, seppure inquadrati come metalmeccanici. E guardano con angoscia alla prossima scadenza del contratto.
Infatti, l’incarico è di una durata massima di 36 mesi e, nel frattempo, proprio pochi mesi fa, sono stati impiegati altri 30 precari del Lazio Service spa, negli stessi uffici.


È questa una realtà che sfugge al sistema di monitoraggio, partito da queste stesse stanze regionali, teso a registrare la situazione lavorativa della fascia d’età dai 15 ai 64, e che ha denunciato alla stampa, proprio di recente, il gap del tasso di occupazionale regionale, fermo al 58%, rispetto al 70% previsto dai trattati europei per il 2010.

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